Corriere della Sera

La Rai e i timori di fuori programma al Concertone «Niente monologhi»

Il ruolo di Anversa, il dirigente candidato al consiglio

- Di Antonella Baccaro

Parola d’ordine: disinnesca­re. Sul Concertone del 1° Maggio, il primo nella cui fattura sia stata coinvolta, accanto ai tre sindacati confederal­i organizzat­ori Cgil, Cisl e Uil, la dirigenza Rai indicata dal centrodest­ra, la cautela è massima. Dopo il caso Scurati, sul quale l’istruttori­a è ancora in corso, il timore che la diretta dell’evento sfugga di mano, è comprensib­ile.

L’incubo ricorrente è che si ripeta il caso Fedez del 2021, con le accuse di censura rivolte alla dirigenza Rai (allora, col governo Draghi, l’ad era Carlo Fuortes) e un clamore finito nel nulla, visto che la Rai non sporse querela, come aveva minacciato. L’anno scorso il fuori-programma lo offrì il fisico Carlo Rovelli, attaccando il ministro della Difesa Guido Crosetto nel suo monologo. Ambra, che presentava, ci mise una pezza, scusandosi per l’assenza di contraddit­torio.

Quest’anno, in un’atmosfera già abbastanza incandesce­nte, Massimo Bonelli, che organizza la kermesse da ben 11 anni, ha preferito tagliare la testa al toro: niente monologhi. Una scelta che, curiosamen­te, assomiglia molto a quella fatta da Amadeus a Sanremo. «La narrazione sarà fatta dai musicisti» ha detto.

Quanto alla scelta del cast, su Bonelli sono già ricadute alcune critiche che suonano più o meno così: «Più che il Primo Maggio sembra Sanremo». Con riferiment­o ai 70 artisti invitati, tra i quali in effetti ci sono molti reduci dal Festival. Del resto, Bonelli quello che vorrebbe fare più in là lo ha confessato candidamen­te. «Riformare Sanremo Giovani perché così non funziona». Una mezza candidatur­a a sostituire Amadeus...

Ma torniamo agli artisti sul palco: molti lanceranno proprio dal Circo Massimo i prossimi album e tour, come se fossero ospiti di un programma qualsiasi. Tra i nomi, spicca quello di Ultimo, il cantautore che riempie gli stadi ma che la sinistra non ama molto. In compenso, ci saranno Dargen D’amico, già interrotto a Domenica In, per aver parlato di immigrati (protagonis­ti del suo pezzo sanremese) e Achille Lauro, le cui provocazio­ni non hanno mai imbarazzat­o davvero la tv di Stato. Tra le vecchie glorie ribelli, spiccano Piero Pelù, che nel 1993 infilò un profilatti­co sul microfono. E Morgan, il più imprevedib­ile, candidato alla conduzione di trasmissio­ni Rai che poi non gli vengono date.

Tra i cantanti impegnati sui diritti civili, Ermal Meta (conduttore insieme con Noemi), Uzi Lvke da Corviale, i dissacrant­i rapper Corveleno e Big Mama. Stefano Massini dovrebbe recitare il monologo sulle morti sul lavoro, già messo in scena a Sanremo, insieme con Paolo Jannacci. Ma sono in molti a pensare che potrebbe essere proprio lo scrittore, che si è molto speso sul caso Scurati, a introdurre il tema dell’antifascis­mo.

La possibilit­à che di questo si parli sul palco è stata oggetto di domande nella conferenza-stampa di presentazi­one del concerto, corredata dai timori di censura. E se Bonelli ha dribblato il quesito, sottolinea­ndo che il tema scelto dai sindacati è l’europa, per la Rai ha risposto il vicedirett­ore del Prime-time, Giovanni Anversa. «Non utilizzere­i questa parola (censura, ndr) a proposito del palco del Primo Maggio (...) — ha detto —. Non appartiene alla Rai, alla tradizione di questi eventi musicali dove gli artisti si esprimono con la musica e la poesia».

Ad Anversa la dirigenza Rai sembra aver volutament­e lasciato il «cerino» di questo Primo Maggio: su di lui ricadranno eventuali errori. Ma già da ora, la sua distanza dalla filiera dei dirigenti di fede meloniana, mette a riparo i vertici da accuse di censura preventiva. Il vicedirett­ore, da parte sua, ostenta tranquilli­tà: se il suo nome è spuntato, a sorpresa, tra le candidatur­e al prossimo cda della Rai, oggi se la gioca tutta.

A viale Mazzini, intanto, assicurano che la diretta sarà tale, senza slittament­i temporali anche minimi, che sarebbero serviti a ritoccare eventuali interventi sopra le righe. Simona Sala, direttrice di Rai Radio 2, è definitiva: «Non abbiamo paura. Il rischio è libertà».

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