Stirpe: l’occasione per condividere progetti di crescita
Caro direttore,
il Primo Maggio non è una festa come le altre. È una giornata, di sentimenti contrastanti, unica nel suo genere. La soddisfazione per ciò che il lavoro ha creato, infatti, convive con un sentimento di insoddisfazione, un senso di amarezza per quello che si poteva e si doveva fare, soprattutto, per la sicurezza delle persone che lavorano. Il Primo Maggio, però, non chiede polemiche, sulle responsabilità e sulle colpe, ma soluzioni. Chiede di lavorare sulla sicurezza. Investire sulla prevenzione, educare tutti alla necessità di un rigoroso rispetto delle regole e delle procedure. Questo è il giorno in cui decidere di avere un approccio nuovo, meno dialettico e più partecipato, meno ideologico e più pragmatico, sia nella valutazione dei rischi che nella loro rimozione.
Un contributo importante può venire dal dialogo con le Organizzazioni Sindacali. Non solo in tema di sicurezza. Occorre prendersi «cura» del lavoro delle persone e accompagnare le imprese nelle transizioni. Il Primo Maggio, chiede, dunque, anche di portare a termine gli impegni assunti nel «Patto per la fabbrica» del marzo 2018. Completare il processo di misurazione della rappresentanza, mettere in sicurezza il ruolo del contratto collettivo, contrastare il dumping contrattuale, regolare la partecipazione organizzativa e i processi di trasformazione del tessuto produttivo; tutte sfide ancora aperte. Le relazioni sindacali non possono, del resto, ridursi al tema — pur importante — della definizione dei contenuti economici e normativi dei contratti collettivi. Devono essere l’occasione per condividere progetti per la crescita di filiere, settori, aziende in un quadro di competizione globale instabile e complesso. Bisogna credere nella capacità delle relazioni sindacali di dare un più ampio respiro ai contratti collettivi, di tener conto delle scelte del legislatore in tema di fiscalità e contribuzione senza mai dimenticare la funzione del welfare complementare.
Il Primo Maggio, ci ricorda, infatti, anche il contributo che impresa e lavoro danno a quel sistema di protezione sociale che chiamiamo Welfare State. La ricchezza che impresa e lavoro producono resta l’unica garanzia di sostenere il welfare in un Paese che invecchia e vive un inverno demografico. Si tratta di un sistema disegnato in un’italia molto differente da quella di oggi, che deve essere adattato non solo tenendo conto della sostenibilità ma anche della sua equità, sia in termini di prestazioni che di contribuzioni.
Si può e si deve fare, con grande senso di responsabilità, perché le transizioni daranno una accelerazione al cambiamento e metteranno sempre più in evidenza le contraddizioni del nostro mercato del lavoro, che registra già un significativo miss match occupazionale, che fatica a darsi politiche attive e che non sembra preoccuparsi di adeguare gli strumenti per la gestione delle crisi alle necessità delle transizioni occupazionali. Il Primo Maggio è, dunque, una giornata per assumere impegni nel rispetto di tutti coloro che, lavorando, vivono una cittadinanza attiva. Creare le condizioni perché ciò sia possibile è una responsabilità della Politica mentre alle organizzazioni di rappresentanza delle imprese e dei lavoratori tocca onorare questi impegni mostrando con i fatti «come si fa a fare ciò che si deve fare».