I giovani? Posto fisso addio, il timore di essere sfruttati «Meglio il salario variabile»
Rapporto Ipsos-lega Coop: equilibrio con la vita privata
Il lavoro non è tutto ma deve essere dignitoso, flessibile, su misura. Per gli under 35 il lavoro sta diventando un mezzo per vivere più che un fine tanto che si colloca all’ottavo posto nella scala della priorità delle nuove generazioni, in discesa rispetto a un anno fa. A scattare l’istantanea è il Report Fragilitalia “I giovani e il lavoro” dell’area Studi Legacoop e Ipsos, che mostra come chi ha oggi tra i 18 e i 34 anni percepisca in modo meno totalizzante la dimensione lavorativa. Un cambio di prospettiva rispetto alle precedenti generazioni e al tradizionale binomio lavoro-identità. L’indagine evidenzia infatti come l’impiego sia un elemento prioritario solo per il 32% degli intervistati.
Per la Genz, chi è nato tra il 1997 e il 2012, e per i Millennial, nati tra gli Anni 80 e la metà degli Anni 90, vincono altri valori e aspetti della vita: il rispetto (50%), l’onestà (44%), la libertà (42%), l’amicizia (41%), la sincerità (37%) e il senso della famiglia (36%). Solo la fedeltà è messa sullo stesso piano del lavoro (32%) che per le nuove generazioni deve essere giustamente remunerato. Per gli under 35 lavorare è infatti in prevalenza una fonte di reddito poi un diritto e solo in terza posizione è un modo per affermare la propria indipendenza.
«Sono dati — commenta Francesco Seghezzi, presidente di Adapt — che aiutano a capire come i giovani guardano al mercato del lavoro. L’impiego sta perdendo la sua centralità in quanto tale per diventare uno strumento utile a realizzarsi fuori dal mondo professionale. Non per nulla viene visto come un modo per accumulare risorse da spendere altrove». Che si tratti della famiglia, della vita sociale o di esperienze di crescita come i viaggi.
Emerge però dall’indagine anche il quadro di una generazione in qualche misura fragile, spaventata dalle dinamiche del mercato. La prima preoccupazione segnalata nel 40% dei casi (con una punta del 48% nel Mezzogiorno) è il timore di essere sfruttati. «È una percentuale alta che è figlia anche del racconto fatto in questi anni del mercato del lavoro come ambiente ostile ai giovani. Restano delle criticità, si pensi agli stipendi fermi, ma i dati sull’occupazione degli ultimi anni sono in realtà positivi con un ritorno importante del tempo indeterminato», aggiunge Seghezzi. Un fenomeno che si intreccia al superamento del mito del posto fisso. Per i giovani, soprattutto se specializzati, vale cambiare e in meglio. «Grazie al mercato più dinamico — sottolinea Seghezzi — stanno aumentando le transizioni occupazionali con i giovani con competenze elevate che cavalcano il trend. È un fenomeno nuovo per le imprese abituate per anni a governare la flessibilità». Posta la ricerca di un’ adeguata remunerazione — la forma di retribuzione preferita (30%) è quella che preveda una base fissa e una componente variabile — nel valutare un’offerta di lavoro si guarda anche ai benefit e al welfare oltre alla possibilità di lavorare in smart working. Si cerca un buon lavoro che non azzeri il tempo libero. Il 28% degli under 35 teme infatti di non avere più momenti per sé, il 24% il peso degli orari. A riprova di quanto il tempo sia la nuova moneta di scambio del mercato del lavoro.
L’impiego diventa uno strumento per realizzarsi al di fuori del mondo professionale