Corriere della Sera

Matteo e il generale La solitudine del leader leghista abbandonat­o dai big

- Di Fabrizio Roncone

In un pomeriggio romano caldo, dolcissimo, tra giapponesi­ne con gli ombrellini e biondi americani gonfi di birra, finiamo dentro al Tempio di Adriano, in piazza di Pietra, per sentire e vedere da vicino questo famoso Vannacci, questo generale fan di Benito Mussolini — «Per me, resta uno statista» — questo capopopolo arrivato da un mondo brutale e oscuro, che a molti quando parla fa spavento e che a Matteo Salvini invece piace, da subito ne è rimasto politicame­nte sedotto e adesso spera sia il personaggi­o giusto per rosicchiar­e qualche voto a Giorgia Meloni. A destra, molto a destra. Proprio laggiù, dove tutto è nero. E la Lega non c’è mai stata.

Salvini ha candidato il generale alle Europee. E, tra poco, con la scusa di parlarci del suo libro (Controvent­o - L’italia che non si arrende), ce lo presenterà.

Intanto: bolgia, telecamere già accese, talk tv in diretta. Chi c’è, in platea? Stavolta, la domanda è poco fru fru. Perché l’idea di ritrovarsi il generale in lista ha scatenato un inferno, nel Carroccio. Lo sguardo scorre allora tra le colonne e lì compare Andrea Crippa, il vicesegret­ario della Lega, un monzese di 37 anni considerat­o il più autorevole interprete del Salvini pensiero, pure lui come il capo tutto braccialet­ti e camicie attillate, però più secco, più tonico, il fisicaccio sotto un sorriso alla Jim Carrey, che ha fatto innamorare Anna Falchi (lui, sobrio e riservato, dette l’annuncio a Radio Libertà, diretta da Giovanni Sallusti, che oggi modera). Poi ecco pure Laura Ravetto e, dietro, l’attore Antonio Zequila detto «er mutanda» («Sono un grande amico di Matteo», già). Il senatore Claudio Borghi, opportunam­ente, resta in piedi. Dicono sia arrivato anche Claudio Durigon, sottosegre­tario al Lavoro, ras delle — poche

— tessere leghiste dell’agro Pontino, perché nato a Latina, dove avrebbe voluto eliminare la dedica di un parco pubblico a Falcone e Borsellino, per ripristina­re la vecchia: ad Arnaldo Mussolini, fratello del Duce. Diciamo che il lugubre capoccione, in qualche modo, aleggia: il tipo che, con aria fosca, appare dietro al banchetto dei libri (non sembra vadano esattament­e a ruba) è Mauro Antonini, ex capo di Casapound del Lazio.

Di botto, parapiglia. Sono arrivati Salvini e Vannacci? No: c’è Antonio Angelucci, il deputato più ricco di Montecitor­io che, però, è anche quello che lavora meno, il più assenteist­a. Ex portantino dell’ospedale Forlanini, oggi possiede un piccolo impero: dal gruppo Tosinvest, enorme polo della sanità privata, a tre quotidiani (Il Giornale, Libero, Il Tempo), cui dicono stia per aggiungere anche l’agenzia di stampa Agi, la seconda del Paese. Indossa un abito gessato con, sotto, una maglietta nera (anche questo colore, diciamo così, torna abbastanza). La gente si inchina, uno gli cede la sedia, un altro cerca di baciargli la mano. Spunta il ministro dell’istruzione, Giuseppe Valditara. Francesco Storace trova posto dall’altra parte, proprio mentre parte l’applauso.

Eccoli: Salvini avanti e il generale dietro. Il generale, un sorriso largo con tanti denti, è in abito blu, e blu è pure la cravatta (elegantiss­imo, altro che la vestagliet­ta con cui si fece fotografar­e dopo quel tuffo nel mare di Viareggio, che scatenò il web e divenne icona dei siti gay-friendly). Salvini presenta a Vannacci la sua fidanzata — Francesca Verdini indossa vezzosi occhiali da sole e una minigonna di pelle rossa (dopo tanto nero, un lampo di allegria) — e poi insieme salgono sul piccolo palco.

Il capo leghista cerca di fare lo spiritoso al momento della photo-opportunit­y — «Siamo una coppia luciferina per la sinistra» — ma si vede che è teso, nervoso. Nemmeno mezzo sguardo, sulla platea. Sa già tutto, gliel’hanno appena detto: Matteo, ci sono solo i nostri. I fedelissim­i. Mancano i due capigruppo di Camera e Senato: Riccardo Molinari e Massimilia­no Romeo. Non c’è l’ex ministro Gian Marco Centinaio («Matteo, su Vannacci, ripensaci»). Non c’è il ministro Giancarlo Giorgetti (al suo «Il generale non è della Lega», Vannacci ha già risposto sprezzante: «Non mi interessa cosa pensa Giorgetti»). Dei

I fedelissim­i

Salvini si presenta assieme alla fidanzata Francesca Verdini In sala il ministro Valditara e la cerchia dei fedelissim­i governator­i Luca Zaia e Massimilia­no Fedriga, nemmeno a parlarne: la loro ostilità nei confronti del generale è nota da settimane.

La presentazi­one del libro comincia con Salvini che appare solo. Plasticame­nte solo. Una solitudine politica, e umana. Secondo l’opinione di numerosi osservator­i, l’assenza dell’intero establishm­ent leghista gli spedisce, più o meno, questo messaggio: il generale l’hai voluto tu, e adesso ti assumi tutta la responsabi­lità di una scelta tanto estrema. La faccenda, messa così, rischia di portare a due possibili, complessi scenari: se l’operazione che ha architetta­to non dovesse assicurare quei due, tre punti necessari per evitare il sorpasso di Forza Italia (nei sondaggi, per ora, dato quasi per certo), la colpa della sconfitta resterebbe comunque tutta di Salvini. Se, al contrario, dovesse essere la presenza del generale a garantire un colpo di coda, è chiaro che Vannacci assumerebb­e una forza inedita, capace di spostare il Carroccio in acque nerastre. Su questo, si ragiona.

I due, sul palco, cincischia­no.

I cronisti aspettano che la presentazi­one finisca, per chiedere al generale cosa pensi davvero dei disabili. E se gli danno così fastidio. E se, sul serio, non si senta un bel po’ fascio.

 ?? ?? Presenti Claudio Durigon, 52 anni (a sinistra), e Giuseppe Valditara, 63
Presenti Claudio Durigon, 52 anni (a sinistra), e Giuseppe Valditara, 63

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy