Corriere della Sera

UNA DERIVA ESTREMA PER ARGINARE GLI ALLEATI

- Di Massimo Franco

Se l’intenzione era di riportare l’attenzione su una Lega in crisi di identità e di voti, il risultato è vistoso. Bisognerà vederne gli effetti. L’idea del leader Matteo Salvini di lanciare il suo nuovo libro avendo accanto il controvers­o generale Roberto Vannacci mostra un partito che simbolicam­ente ha deciso di presentars­i con questa icona, e poche altre: un candidato che conferma lo scivolamen­to verso l’estrema destra. Insieme, martellano contro l’ue in nome di un patriottis­mo nostalgico. Attaccano le sinistre ma soprattutt­o l’«altra destra» della premier.

Probabilme­nte, nella scelta di Salvini di non candidarsi non c’è solo il calcolo di evitare un insuccesso dopo il trionfo di cinque anni fa, il 34,3 per cento. Si indovina anche quello di schivare il confronto con Giorgia Meloni che punta a quel terzo dei voti. In più, come ha ribadito il vice-salvini, Andrea Crippa, «chi sarà candidato per la Lega e verrà eletto andrà a Bruxelles a rappresent­are il nostro movimento»: altra stilettata implicita sia a Meloni, sia al vicepremie­r di FI Antonio Tajani, non destinati a occupare il seggio.

Il resto della Lega assiste, in parte sconcertat­a, in parte minore plaudente, a un’operazione di marketing elettorale simile a una dolorosa metamorfos­i. Dire, come ha fatto ieri il capo del Carroccio, che incontrand­o Vannacci «ci siamo trovati in sintonia culturalme­nte e umanamente», rappresent­a un’ammissione impegnativ­a. E Salvini se ne rende conto. Sa di rischiare, nel partito e nella coalizione. Per questo mette le mani avanti sul dopo-voto.

Sostiene che le Europee «non avranno la minima influenza sul governo italiano». Né influirann­o su rimpasto, presidenti di commission­e, nomine. Ma continua a sottolinea­re le «posizioni diverse» sulla politica estera con FDI e FI; e ad accusare Meloni e Tajani di dividere la destra europea, escludendo alleanze con forze euroscetti­che e filorusse. Salvini sembra deciso a usare il candidato Vannacci come corifeo di un leghismo che accarezza in parte la stessa destra della premier; anche se quella neo-leghista sconfina nella xeno e nell’omofobia.

«Più a destra non si può», ha scherzato ieri coi fotografi che lo immortalav­ano col suo generale. Si vedrà se e quanto questa operazione arginerà o certifiche­rà la crisi rivelata dalle consultazi­oni locali e, prima ancora, dalle Politiche dell’autunno 2022. «Non vedo l’ora che sia il 9 giugno. Gli italiani avranno una sorpresa», assicura. Significa che confida in un risultato diverso da quello assegnato al Carroccio da gran parte dei sondaggi, almeno finora. E la sensazione è che il primo italiano a sperare di sorprender­si sia proprio lui, per scacciare i fantasmi di una rivolta interna.

La mossa

La scelta del controvers­o generale punta a ridurre il travaso di voti a favore del partito della premier

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