Mattarella e l’avviso sull’autonomia «Un danno separare le strade di Sud e Nord»
E sul lavoro: è libertà, ogni morte è inaccettabile
Èsoltanto un brevissimo passaggio in una riflessione che riempie 12 pagine. Due righe, per segnalare che «una separazione delle strade tra territori del Nord e territori del Meridione recherebbe gravi danni agli uni e agli altri». Asciutto e affilato secondo il suo stile, questo cenno di Sergio Mattarella notifica un avvertimento, un preavviso di attenzione, un’allerta istituzionale sulla riforma dell’autonomia differenziata ormai giunta all’approdo parlamentare. Insomma, come sintetizzerebbero gli anglosassoni, un warning che dovrebbe indurre le forze di governo a valutare bene i propri intenti. E a pesarli fino in fondo. Perché, ha appena anticipato il presidente, semmai «lo sviluppo dell’italia ha bisogno del rilancio del Mezzogiorno… ed è il caso di sottolineare come una crescita equilibrata e di qualità del Sud assicuri grande beneficio all’intero territorio nazionale».
Il capo dello Stato anticipa dalla Calabria il discorso del Primo Maggio e stavolta aggiunge ai temi più prevedibili l’ammonimento sul dossier caro alla Lega, lasciando intendere che ne seguirà il perfezionamento alle Camere. Comunque, tutto si tiene nel suo pensiero. A partire da un ricordo della Costituzione, da cui ricava che è giusto far festa, purché nella consapevolezza che, stendendo la formula dell’articolo 1, si volle segnalare come la Repubblica è «fondata non sul privilegio, non sulla fatica altrui, ma sul lavoro di tutti». E questo è «l’elemento base della nostra identità democratica», sillaba, in una digressione coerente con la sua idea di Stato-comunità. Infatti, proprio quella parola offre «l’indicazione di un modello sociale vivo, proiettato verso la coesione e la solidarietà».
È il preambolo a un punto cruciale, qualcuno direbbe quasi di filosofia politica: «Il lavoro è legato alla persona, alla sua dignità, alla sua dimensione sociale, al contributo che ciascuno può e deve dare alla vita della società… il lavoro non è una merce». Ossia, è «libertà» e «un diritto da tutelare».
Concetti che Mattarella sviluppa mentre visita il distretto agroalimentare del Cosentino, esortando le istituzioni, «a ogni livello», e tutti gli attori economici e sociali, «a non sentirsi mai appagate fino al conseguimento di una piena buona occupazione». Riconosce che, su questo versante, «i dati registrano nel loro insieme una crescita significativa». Una «buona notizia» per il Paese, che riguarda i contratti a tempo indeterminato e il balzo in avanti sul lavoro femminile, e ciò «è motivo di grande soddisfazione». Anche se «non dobbiamo dimenticare le disparità sociali e territoriali che perdurano, gli esclusi, il fenomeno dei lavori precari e sottopagati, il basso livello retributivo di primo ingresso dei giovani». E, forse non a caso, dopo l’infelice performance del generale Vannacci, cita «le difficoltà di chi sopporta una disabilità», con il peso degli «oneri di assistenza che spingono nel bisogno anche famiglie di chi un lavoro ce l’ha».
Luci e ombre. Come sempre. Con un elogio del comparto agroalimentare, che nella dinamica dei distretti industriali tipici dell’italia, «può favorire il dialogo sociale e quello tra imprese e sindacati». Che sono, questi ultimi, «interlocutori insopprimibili per lo sviluppo di una fruttuosa contrattazione collettiva» e anche perché «il welfare non smarrisca il suo carattere universalistico». Infine, dopo una disamina del perdurante gap del Mezzogiorno e dopo aver segnalato che «si è inceppato l’ascensore sociale che rende la nostra una società aperta e libera», due capitoli cruciali. Il primo riguarda i migranti, problema sul quale la Ue ha «finalmente superato l’insostenibile accordo di Dublino». L’altro tocca «la piaga degli infortuni e la quota di mille morti sul lavoro in un anno». Questa dovrebbe essere la priorità assoluta, per lui: «Ciascuna di quelle morti è inaccettabile».
In Calabria
La visita del presidente in Calabria: per i giovani si è rotto l’ascensore sociale