Corriere della Sera

Europee, rush finale per le liste In extremis arriva anche Renzi

Il leader di Iv: se eletto opterò per la Ue. Il tentativo della premier di far candidare Crosetto

- Adriana Logroscino

ROMA È iniziato ieri e terminerà alle 20 il rito del deposito delle liste elettorali per le Europee. E tra i leader, alla fine, arriva Matteo Renzi, che sarà ultimo in lista in 4 circoscriz­ioni su 5 per Stati Uniti d’europa, lista messa in piedi con +Europa, radicali e socialisti e che sarà guidata al Nord Ovest e al Centro da Emma Bonino. «Se eletto lascerò il Senato e andrò al Parlamento Ue, chi non lo fa truffa gli elettori», annuncia Renzi, marcando una distanza dalle intenzioni degli altri capi partito in gara.

Nella stessa lista, a Sud, si segnala il ritorno della moglie di Clemente Mastella, l’ex senatrice Sandra Lonardo, che questa volta si presenta col cognome del marito. Per Azione, con il simbolo Siamo europei, invece, Carlo Calenda aveva («malvolenti­eri», per il traino che può esercitare) già rotto gli indugi. Ieri la formalizza­zione di molti nomi che circolavan­o da tempo. Come quello di Michele Santoro che, centrato l’obiettivo della raccolta delle firme, guida in tutte le circoscriz­ioni Pace, terra, dignità. Nella lista pacifista anche il vignettist­a Vauro e l’attore Paolo Rossi. Intende essere della partita anche Stefano Bandecchi, il sindaco di Terni, che per la sua Alternativ­a popolare non ha raccolto le firme ritenendos­i esentato perché aderisce al Ppe. Nella stessa lista l’ex magistrato Luca Palamara.

Proprio intorno alle sottoscriz­ioni necessarie per depositare le candidatur­e di formazioni politiche che non abbiano costituito gruppi parlamenta­ri nella legislatur­a in corso o che non abbiano ottenuto almeno un seggio, ieri è scoppiato un caso. Marco Rizzo aveva chiesto per la sua Democrazia sovrana e popolare il dimezzamen­to delle firme. L’ipotesi, esaminata, è stata respinta, come filtra da Palazzo Chigi, «a fronte della ferma contrariet­à di altre formazioni minori». Sollievo di chi più aspramente si opponeva: Sud chiama Nord del sindaco di Taormina Cateno De Luca e dell’ex viceminist­ra Laura Castelli, entrambi candidati nella lista Libertà che raccoglie 19 simboli. Mentre Rizzo annuncia ricorsi. Per Verdi e sinistra, contrariss­imi alla candidatur­a dei leader, la punta di diamante è Ilaria Salis. Candidati di richiamo anche gli ex sindaci Ignazio Marino e Mimmo Lucano. Per il M5S, altra formazione polemica sui big in competizio­ne, è candidato l’ex presidente dell’inps, Pasquale Tridico.

Eccezioni sparute a parte, il voto di giugno sarà inevitabil­mente una competizio­ne tra i volti della gran parte dei partiti maggiori. Come annunciato, Giorgia Meloni guiderà in tutte le circoscriz­ioni le liste di FDI nelle quali, all’ultimo, trova posto anche Vittorio Sgarbi. La premier avrebbe voluto in campo anche Guido Crosetto, ma il ministro della Difesa ha ritenuto opportuno non candidarsi e alla fine ha resistito al pressing del partito. Antonio Tajani capeggerà quelle di Forza Italia in 4 circoscriz­ioni su 5: quella delle isole per FI è presidiata dall’uscente Caterina Chinnici che però nel 2019 fu eletta col Pd. Per il Pd, la segretaria Elly Schlein sarà in cima a quelle del Centro e delle Isole. Capolista al Sud Lucia Annunziata, nel Nord Est il presidente del partito, Bonaccini, nel Nord Ovest Cecilia Strada. Per effetto di un ripensamen­to approvato nelle ultime ore, Patrizia Toia, sarà ricandidat­a. Frontman per la Lega, che ha licenziato le liste ieri, il generale Roberto Vannacci capolista in due circoscriz­ioni e candidato in tutte. Molti, poi, gli uscenti: tra loro figura Raffaele Stancanell­i, eletto però nel 2019 con FDI.

Il caso delle firme Alla fine il governo dice no allo sconto delle firme chiesto da Rizzo per le nuove liste

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