«In classe c’è posto per tutti: questa è l’inclusione»
Amio avviso, bisogna stare molto attenti a stabilire classi separate per i disabili perché tutti possiamo essere più bravi di altri a fare qualcosa. Spesso la differenza tra le persone dipende da cosa di loro si valorizza. In una gara di velocità vengono premiati i più svelti ma sarebbe assurdo pensare che quelli lenti vadano ghettizzati. Proprio le neuroscienze ci insegnano che abbiamo diverse intelligenze, e in un contesto come la scuola è utile valorizzarle tutte. Ridurre tutto a una sola delle caratteristiche nasce da un pensiero limitante e, mi permetto di dire, limitato. Anche questo me l’ha insegnato lo sport. È come pensare che dalle piccole società di quartiere, se uno non ha la stoffa per andare alle Olimpiadi o in serie A, vada scartato. Sono dell’idea che l’inclusione non debba essere appiattirsi né verso l’alto né verso il basso, ognuno può tranquillamente trovare posto nella stessa classe, nella stessa squadra o nello stesso mondo. Dobbiamo chiederci che futuro immaginiamo per i nostri giovani: trasferire il messaggio che tutto vada ridotto alla performance è molto pericoloso. E forse anche la politica, se fosse giudicata in base alle performance, avrebbe molti più esami di coscienza da farsi. Piuttosto, dovrebbe contribuire a sviluppare sempre più la sensibilità dei cittadini verso certi temi. Alcuni già lo stanno facendo ma c’è ancora bisogno in questo Paese di fare parecchie ore di recupero. Siamo attratti da ciò che è simile ma impariamo da ciò che è diverso: e in classe c’è posto per tutti. Noi esemplari di disabili ci divertiremmo molto di più se le classi non venissero organizzate in base alla sensibilità di certi genitori. È molto facile includere o escludere qualcuno, basta cambiare un parametro.