«Viva la Danza», Bolle trasforma il ballo in racconto popolare
Come amava dire Martha Graham: le nostre braccia hanno origine dalla schiena perché un tempo erano ali. Non c’è dubbio che Roberto Bolle abbia ancora le ali: oggi è l’étoile della danza italiana più conosciuta al mondo, per bravura, per fascino, per capacità di trasmettere bellezza.
È un artista plasmato dalla danza classica, dal rigore accademico, ma capace di farsi contaminare e aprirsi alle forme più svariate della comunicazione con un intento ben definito: arrivare al più ampio pubblico possibile. Bolle lo sta facendo, in televisione come altrove, quando viene chiamato a parlare di se´ e della sua arte.
Viva la Danza, prodotto da Rai Direzione Intrattenimento
in collaborazione con Ballandi e Artedanza srl, è stato una grande festa di tutti i generi di ballo, un grande gala realizzato al Teatro del Maggio Musicale Fiorentino di Firenze, uno dei teatri più grandi del mondo, gioiello di innovazione (Rai1 e Raiplay).
Da quando organizzò Roberto Bolle & Friends, la nostra étoile riesce a regalarci una costellazione delle stelle più lucenti del panorama tersicoreo internazionale — da Melissa Hamilton a Daniil Simkin, dall’étoile del Teatro alla Scala Nicoletta Manni a Tatiana Melnik, da Timofej Andrijashenko a Virna Toppi, Toon Lobach, Fumi Kaneko (solo per citarne alcune) — cercando di tradurla in un racconto popolare coinvolgendo Katia Follesa, direttrice di scena tuttofare, Fabrizio Biggio e Valentina Romani, inviati speciali, Pannofino una sorta di Fantasma dell’opera «che respira con il teatro e ne racconta i pensieri più profondi».
Ecco, forse il problema da superare è proprio questo: per rendere alla portata di tutti questi show (come sottolinea Bolle, quando ricorda gli artisti che hanno reso la danza un’arte pop, facendola uscire dal «guscio chiuso dei teatri») si cerca di trasformarli in racconto, di abbozzare una trama attraverso personaggi dello spettacolo, sketch comici, cantanti di musica leggera come Elodie («sono emozionata e felice»), ma non sempre il risultato è quello sperato, si rischia solo di addizionare le mele con le pere, la danza con la ridondanza.