Rossi: «Tim prosegua nella trasformazione La rete è la priorità»
L’ex presidente: il non voto di Vivendi è un segnale
«La priorità di Tim è cedere la rete di accesso e avviare la riorganizzazione dell’azienda». A dirlo è Salvatore Rossi che dopo quasi cinque anni ha lasciato, all’indomani dell’assemblea, la carica di presidente del gruppo di telecomunicazioni. Rossi, già direttore generale di Bankitalia, si sofferma anche sulla scelta «corretta» del governo italiano di accompagnare il processo di vendita della rete agli americani di Kkr.
In questi anni in Tim ha visto cambiare amministratore delegato, Vivendi lasciare il consiglio con una crescente conflittualità tra azionisti, culminata in esposti e cause. Che bilancio fa?
«Sono stati anni molto interessanti. Dopo una lunga carriera in Banca d’italia, che ha tanti meriti ma è un po’ una “torre d’avorio”, ho voluto affrontare direttamente il mondo delle grandi aziende: Tim lo è in tutto e per tutto, con tanto di turbolenze, complessità e, talvolta, malvagità. Il mondo vero, del resto, è proprio così: mescola il buono e il cattivo in modo indistinguibile. È stato avvincente, anche se in alcune circostanze stressante».
Perché ha escluso una candidatura per un’eventuale riconferma?
«Avrei dovuto concorrere per un terzo mandato, dopo i due precedenti, uno per intero e l’altro per metà, mentre l’azienda si avviava a cambiare radicalmente. Con l’imminente cessione della rete di accesso Tim sarà totalmente diversa e, quindi, ho pensato che fosse arrivato il momento giusto per lasciare».
Crede che nel nuovo consiglio di amministrazione ci siano le condizioni per avere un board coeso?
«La cosa è, evidentemente, tutta da costruire, ricordo che il nuovo consiglio è composto da una maggioranza espressione del consiglio uscente e una minoranza frutto di due liste concorrenti. Ma sono fiducioso che i contrasti della campagna elettorale che si è tenuta prima dell’assemblea possano essere superati».
Qual è la priorità per la nuova Tim?
«La priorità massima e immediata è condurre in porto la trasformazione dell’azienda con la cessione della rete di accesso e la riorganizzazione della nuova Tim. Il mercato è ancora scettico sul fatto che l’operazione possa compiersi, perché l’azionista di maggioranza relativa ha manifestato in vari modi la sua contrarietà e si è astenuto in assemblea. Ma quest’ultimo, secondo me, è un segnale, se non di distensione, quanto meno di attenzione per quello che potrà succedere».
Il governo sta accompagnando correttamente questo percorso di Tim?
«Direi di sì, il governo ha manifestato in modo esplicito il suo consenso su quello che si stava facendo, in particolare sulla cessione della rete al fondo Kkr. Quindi era implicitamente anche un sostegno alla lista del consiglio uscente, pur nel rispetto del fatto che Tim resta un’azienda privata».
Il governatore di Bankitalia invita ad agire sui tassi con tempismo. È ora di chiudere la stagione di politiche monetarie restrittive?
«Penso proprio di sì. Resto convinto che le banche centrali siano intervenute tardivamente, in occasione del rialzo improvviso dell’inflazione, e quando si sono mosse hanno ecceduto nella restrizione monetaria. Adesso sono altrettanto timorose di non fare il loro lavoro fino in fondo, cioè assicurare la stabilità dei prezzi, e tardano nel normalizzare i tassi di interesse».
Il governo ha presentato il Def privo del quadro programmatico. Una mossa dettata dalla volontà di tenere le carte coperte prima del voto europeo?
«Questo può darsi. Il Ministero dell’economia ha giustificato la mancata presentazione della parte programmatica della politica di bilancio con il cambio delle regole europee, quindi formalmente non c’è nessuna violazione, ma dal
d
Passo indietro
Era il momento giusto per lasciare. Con la cessione della rete Tim sarà totalmente diversa
punto di vista sostanziale è un po’ strano che un governo non indichi appena può i suoi obiettivi di politica di bilancio».
Cosa farà dopo l’esperienza in Tim?
«Non lo so ancora, mi piace scrivere libri e, quando capita, articoli di giornali. Spero di continuare a farlo. Per il resto vediamo cosa mi riserva il destino».
d
I soci francesi L’astensione dei francesi in assemblea è un segnale di attenzione per quel che potrà succedere