«La Ruota della fortuna», omaggio a un mondo che non torna più
«La Ruota della fortuna» è stato l’ultimo game show dedicato alla lingua italiana (2003). Poi sarebbe iniziato l’era dell’«iperparlato», una lingua degli scappati di casa. In occasione dei 100 anni dalla nascita di Mike Bongiorno (26 maggio 1924), Mediaset lo celebra con una nuova edizione di «Wheel of fortune» condotta da Gerry Scotti, il presentatore che lo stesso Mike ha definito più volte suo erede tv. Ecco, prendiamo l’occasione come un omaggio: quello che è stato non torna più, come hanno dimostrato le varie riedizioni di «Lascia o raddoppia?» o di «Rischiatutto». Il rapporto della diffusione della lingua italiana attraverso la tv meriterebbe un saggio a parte, ma ne approfitto qui per ricordare il ruolo fondamentale che ha avuto Mike.
Compro una vocale: «La Ruota della fortuna», quanto a padronanza della lingua, è stato il nostro «Scarabeo» in poltrona. Un tempo, con la tv, si imparava a leggere e scrivere, poi abbiamo imparato a giocherellare con le parole. Come il prof. Francesco Sabatini, allora presidente dell’accademia della Crusca, ebbe a riconoscergli in pubblico, Mike ha compiuto un’azione benefica, ha fatto molto per la lingua italiana, permettendole, con lo strepitoso successo popolare di «Lascia o raddoppia?», di scavalcare la barriera dell’analfabetismo e di circolare ampiamente in tutte le forme del parlato.
Una delle ultime trasmissioni in cui ci si divertiva ancora in modo costruttivo con la lingua è stata appunto «La Ruota della fortuna», come se l’alfabeto fosse una tastiera del destino, l’insolente e sovrana derisione dell’arte combinatoria. Il game show era divertente e istruttivo, meno banale di quanto potesse sembrare. Siccome le parole hanno confidenza con l’eternità sembrava non dovesse mai finire. Dopo Mike, molti conduttori (non Gerry Scotti) e molte trasmissioni hanno cominciato a usare la lingua italiana come un accessorio non indispensabile. Secondo Nicoletta Maraschio, la prima donna alla guida dell’accademia della Crusca, ha preso sempre più campo il cosiddetto «iperparlato», una nuova forma artificiosa e spettacolarizzata che ha perso ogni contatto con la parlata tradizionale: game over!