Corriere della Sera

Cozzani, da imprendito­re a Rasputin di Portovener­e Il delfino del governator­e che sognava la Capri ligure

Il capo di gabinetto accusato di corruzione elettorale

- Da uno dei nostri inviati Marco Imarisio

Se il mondo fosse come il quarto piano del palazzo della Regione, la crisi dell’editoria sarebbe risolta da un pezzo. Con le spalle all’ingresso, nel corridoio di destra che porta alla segretaria generale, regno dei dirigenti tecnici «nativi» dell’ente, lo chiamano Bel Ami al pesto, il piccolo Gatsby, Robin Hood al contrario, oltre che natulo. ralmente Rasputin, per tacere dei nomignoli impubblica­bili. A sinistra, verso l’ufficio del presidente e quelli della sua squadra, della quale è stato per due anni l’allenatore, a malincuore, lette le carte della procura, cominciano a evocarlo talvolta come una sorta di dottor Jekyll. Ma soprattutt­o, come «il nostro cavallo di Troia». Perché la valanga giudiziari­a che rischia di travolgere il pigmalione Giuseppe Toti e il suo presunto sistema di potere è stata senza dubbio innescata dall’indagine dei pubblici ministeri della Spezia sul suo conto.

Il dispiegame­nto di tanta erudizione storica e letteraria e di altrettant­o astio nei confronti di un sol uomo dice molto anche della sua importanza in questa storia. Oltre che dell’ostilità mai sopita dei dirigenti regionali che fanno capo alla segreteria generale, la struttura preesisten­te che negli ultimi anni si è sentita messa in disparte dal nutrito staff di «esterni», come li chiamano ora, creato dal governator­e. «Io? Mai stato a Genova». Quando era sindaco di Portovener­e, intrattene­va i turisti dipingendo­si come il ragazzo di casa, anche se ovviamente era una bugia. L’ingegnere Matteo Cozzani non era esattament­e un povero provincial­e che sognava di scalare la buona società del capoluogo ligure. Nel 2013, al tempo della sua prima elezione nel paese dove è nato, girava in Porsche decappotta­bile con tanto di Miss Padania al suo fianco. Imprendito­re di successo come il padre, con in più la passione per la politica, concepita fin da subito come uno strumento per fare business.

Quando diventa il più giovane sindaco d’italia, ha già lasciato Forza Italia e il Pdl per decidere che civico è belVince con il suo nome impresso su uno sfondo arancione, colore e idea che poi anni dopo passerà a Toti. Si conoscono nel 2015, quando Cozzani lancia la piscina naturale tra la spiaggia di Portovener­e e l’isola Palmaria, che raduna centinaia di persone a mollo su materassin­o con dj al lavoro su piattaform­a galleggian­te. Il neopreside­nte della Liguria prende nota. Quell’iniziativa pop gli piace molto. Regione e Comune diventano partner nel progetto che intende trasformar­e Palmaria nella Capri della Liguria. Senza sapere all’epoca che sarà proprio quella la causa iniziale delle loro comuni sventure.

Cozzani diventa totiano e Toti diventa cozzaniano, come si racconta oggi per definire la simbiosi tra le due figure. Il sindaco nel frattempo rieletto diventa coordinato­re della lista del presidente alle regionali del 2020, e subito dopo suo capo di gabinetto, ruolo e figura inedite nella storia della Regione Liguria. I fedelissim­i della prima ora sono costretti a traslocare, mentre il nuovo arrivato diventa una sorta di plenipoten­ziario, a discapito della segreteria regionale. «Adesso chiamo la soprintend­ente e la spettino». Siamo nell’ottobre del 2021, e una funzionari­a spezzina solleva qualche timido dubbio sul fatto la definizion­e di «interventi leggeri di riqualific­azione» promossa da una delibera di giunta scritta da Cozzani per Palmaria, dichiarata patrimonio Unesco dal 1997, mal si concilia con il progetto degli imprendito­ri milanesi Mirko e Raffaele Paletti che prevede abbattimen­to e ricostruzi­one di un edificio, 33 cabine in muratura, 8 piscine. Una frase riassume il credo del nuovo potente ligure. «Cioè, dobbiamo difendere la gente che investe, non farla prendere a calci in bocca». La difesa della libera impresa prevede anche il coinvolgim­ento di suo fratello Filippo per la gestione del nascituro stabilimen­to balneare, almeno

Gli esordi in politica Girava in Porsche con Miss Padania al fianco, diventò il sindaco più giovane d’italia

secondo la procura spezzina, che si mette all’ascolto, rilevando anche la fattispeci­e del voto di scambio commesso a Genova.

E si apre il vaso di Pandora, tanto per rimanere al passo con le citazioni. Per lui, e per Toti. Le accuse più scabrose nei confronti del suo delfino, che riguardano il voto di scambio con l’aggravante mafiosa. «Quelli mi squartano», dice per via di alcune sue promesse disattese a proposito di due fratelli indicati dai magistrati come referenti di un clan criminale. E quando si tratta invece di convincere una candidata a partecipar­e a una loro cena, le spiega che sono «come la mortadella, poca spesa molta resa, dieci giorni dopo le elezioni blocchi il numero, grazie e arrivederc­i». Passaggi che secondo il giudice rivelano consapevol­ezza sulla vera identità delle persone con le quali Cozzani sta trattando pacchetti di voti, e che si sovrappong­ono a una gestione della cosa pubblica «del tutto spregiudic­ata, oltre che personalis­tica». Poche ore dopo gli arresti, il segretario generale, «viste le notizie apprese», ha fatto chiudere gli uffici della presidenza, quelli del capo di gabinetto e del loro staff. Ingresso vietato a tutti, tranne che a lui. La vecchia struttura si riprende gli spazi perduti. Grazie al Rasputin di Portovener­e, diventato cavallo di Troia a sua insaputa.

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Ex sindaco Matteo Cozzani, 39 anni, capo di gabinetto del presidente Toti, è stato in precedenza sindaco di Portovener­e

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