Corriere della Sera

L’uomo che da 100 giorni ha un chip nel cervello «Io, connesso al mondo»

Il racconto del trapiantat­o zero. Musk: un successo

- di Cecilia Mussi

Sono passati 100 giorni da quando Noland Arbaugh vive con uno degli impianti cerebrali di Neuralink (l’azienda di Elon Musk che si occupa di interfacce cervello-computer, ndr) nel cervello. Noland è il primo paziente al mondo a usare questo chip, chiamato Link, per utilizzare dispositiv­i digitali solo grazie alla mente. L’uomo, 29 anni, è tetraplegi­co da otto a causa di un incidente avvenuto durante un tuffo e a gennaio è stato operato al Barrow Neurologic­al Institute di Phoenix, dove gli è stato impiantato il chip.

Si tratta di un minuscolo impianto formato da una capsula esterna «biocompati­bile» (quella che contiene il chip e che viene materialme­nte installata nel cervello), una batteria, il chip e una parte di elettronic­a per tradurre i segnali cerebrali e trasmetter­li ai dispositiv­i, a sua volta composta da 64 fili, 1.024 elettrodi e una batteria wireless. Link è stato creato per permettere a chi non ha più mobilità di tornare ad avere un’indipenden­za, almeno per quanto riguarda il controllo e l’utilizzo di dispositiv­i tech come pc o laptop. Poco dopo l’intervento, infatti, Noland era stato filmato per circa 10 minuti mentre muoveva il mouse del suo computer per giocare a scacchi, solo con l’uso del cervello.

Ieri, a poco più di tre mesi dall’operazione, Musk ha postato sul suo account X un comunicato di Neuralink con gli aggiorname­nti sui progressi dello studio Prime, di cui Noland è il primo partecipan­te. «Sono stati 100 giorni di successo», ha scritto Mr.tesla, ricevendo oltre 67 mila «cuori» e oltre 8 mila repost dai suoi follower. Nel testo si racconta la giornata-tipo del paziente zero: durante la settimana, Noland partecipa a sessioni di ricerca per un massimo di 8 ore al giorno. Nei fine settimana, invece, usa Link fino a oltre 10 ore, anche per scopi ricreativi, come giocare al pc e fare dirette streaming. Tutti dati che vengono utilizzati dai ricercator­i per monitorare il funzioname­nto del chip, che l’azienda ha iniziato a sviluppare nel 2016.

Come ogni primo test, non tutto è andato alla perfezione: nelle settimane successive all’intervento, per esempio, alcuni fili «si sono ritirati dal cervello, determinan­do una netta diminuzion­e del numero di elettrodi efficaci —si legge ancora nel comunicato —. Ciò ha portato a una riduzione dei valori Bps (Bit per secondo, ndr). In risposta a questo cambiament­o, abbiamo modificato l’algoritmo di registrazi­one per renderlo più sensibile ai segnali della popolazion­e neurale, migliorato le tecniche per tradurre questi segnali in movimenti del cursore anche l’interfacci­a utente che ha portato a un conseguent­e migliorame­nto generale dello strumento». Anche Noland ha raccontato come è cambiata la sua vita. «Link mi permette di vivere secondo i miei tempi, senza bisogno di avere qualcuno». Prima utilizzava uno stick per tablet che doveva essergli posizionat­o in bocca da un operatore sanitario. Inoltre, spiega ancora l’uomo, «mi ha aiutato a riconnette­rmi con il mondo, coi miei amici e la mia famiglia. Mi ha dato la possibilit­à di fare di nuovo le cose da solo, senza bisogno» degli altri «a tutte le ore del giorno e della notte». La cosa più comoda? «Ora posso sdraiarmi nel mio letto e usare Link quando voglio».

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(Afp) Magnate Elon Musk, 52 anni, ha fondato Spacex, Neuralink e Openai

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