Corriere della Sera

In Georgia per la maternità surrogata «Sono nate e ci chiedono altri soldi»

L’odissea di una coppia milanese. «L’ospedale ora pretende 24mila euro in più in contanti»

- Di Monica Ricci Sargentini

«Se volete realizzare il vostro sogno di genitorial­ità la Georgia è la meta ideale. Uno dei pochi Paesi che consente la maternità surrogata internazio­nale». Il sito della Clinica Vita Nova a Tbilisi sciorina i numeri: più di 5mila famiglie felici, 20 anni di esperienza, un tasso di riuscita dell’80%. Sara e Alberto, nomi di fantasia, 43 e 35 anni, si erano fidati delle recensioni entusiaste e oggi si trovano a vivere in un incubo. Le loro gemelle, nate premature lo scorso 23 febbraio,sono state trasferite nel Gudushauri National Medical Center, una clinica perinatale, da dove non saranno dimesse se prima non verrà pagata una somma ingente, che levita di giorno in giorno. «Quando abbiamo dato l’incarico all’agenzia — racconta Sara da Tbilisi — avevamo chiesto se i bambini sarebbero nati lì e rimasti lì. Ci avevano assicurato di sì e che non ci sarebbero state spese extra, se non 20 euro al giorno».

La firma del contratto con l’agenzia avviene nel 2022. Sara non ha più l’utero e non può concepire. Una volta formati gli embrioni, grazie agli ovuli di un’altra donna, questi vengono congelati nell’attesa di trovare la madre surrogata. La gravidanza si realizza al terzo tentativo a fine luglio. Il 14 agosto la notizia dell’arrivo dei gemelli. Ma a febbraio l’agenzia comunica che la madre surrogata è in ospedale. Le bambine nascono alla 32sima settimana, la più grande pesa un chilo e mezzo, l’altra 1,250. «Scopriamo che la clinica di Vita Nova non ha un reparto di neonatolog­ia e che le bimbe sono state trasferite al Gudushauri. Quando arriviamo lì ci presentano una fattura di 12mila euro dicendo che avrebbero dimesso le neonate solo alla 36sima settimana quando avrebbero pesato due chili».

Il 27 marzo in un messaggio alla responsabi­le del reparto di pediatria Shorena Chankvetad­ze i due comunicano che sarebbero andati a prendere le neonate due giorni dopo portando la ricevuta del bonifico. Ma la clinica vuole i contanti: «Voi avete un debito e dovete pagare altrimenti le bambine non ve le diamo. Non si possono fare bonifici al Gudushauri center» risponde Chankvetad­ze.

La clinica si irrigidisc­e e comincia ad impedire le visite dei genitori che si rivolgono all’ambasciata italiana a Tbilisi che, «in stretto accordo con la Farnesina, segue il caso delle minori con la massima attenzione». Il 2 aprile Chankvetad­ze risponde per iscritto alla sede diplomatic­a italiana che le due gemelle «non soddisfano i criteri per la loro dimissione dalla clinica». Eppure ai genitori non era mai stato detto che stessero male. Vista la situazione i due tornano a Milano per procurarsi i 12mila euro ma una volta rientrati a Tbilisi la clinica ne chiede il doppio. «Abbiamo registrato tutto — dice Sara — martedì il direttore generale del nosocomio Beka Yoseliani ci ha detto che non ci avrebbero dato le bambine se non pagavamo 24mila euro». Ieri l’avvocato della coppia è riuscito a far scendere la cifra a 19mila euro. E oggi le bambine dovrebbero essere dimesse.

Ma al ritorno in Italia, dove la maternità surrogata è reato, la coppia dovrà affrontare il problema della trascrizio­ne all’anagrafe. Le rappresent­anze diplomatic­o-consolari sono tenute a trasmetter­e i casi sospetti al Comune competente e ad inoltrare al contempo la notizia di reato alla Procura della Repubblica.

20

Euro

Le iniziali spese extra giornalier­e stando alla clinica di Tbilisi

1,5

Chili

Il peso di una delle gemelle alla nascita il 23 febbraio

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