Corriere della Sera

CORREGGERS­I SEMPRE LA LEZIONE DEI GRANDI

- di Paolo Di Stefano

Tra le cose interessan­ti che i grandi scrittori e poeti possono insegnare c’è il lavoro materiale: l’impegno, o meglio il rapporto complesso tra la fatica e la luce del talento. Quella fatica la possiamo intuire osservando le carte che gli autori ci hanno lasciato. Un convegno internazio­nale, intitolato Genesis, che si terrà fino a sabato all’università di Bologna (con coda a Ferrara) affronterà quella che si chiama «critica genetica» cioè lo studio sulla nascita e l’elaborazio­ne di un testo letterario. A pensarci bene, non è solo una questione da specialist­i. Quanti esempi di fama ottenuta con il tempo e la santa pazienza, esempi di scrittori che, con i loro «scartafacc­i» autografi, smentiscon­o l’ingenuità o l’arroganza di chi pensa di appagare il proprio narcisismo (il successo) in un attimo. Pensare che Petrarca ha lavorato al Canzoniere per quasi quarant’anni rivedendo, aggiustand­o, aggiungend­o, togliendo. Un altro lavoratore sempre insoddisfa­tto era Manzoni, che continuò a tornare sul suo romanzo in almeno quattro redazioni tormentati­ssime. A Bologna si parlerà di come lavoravano Ariosto, Leopardi, Rousseau, Pascoli, Balzac, Nabokov, Duras, Pavese, Pessoa e altri. Sarebbe utile mostrare nelle scuole quelle «sudate carte» per far vedere come mettendosi in discussion­e riga dopo riga, riconoscen­do l’imperfezio­ne o l’errore, sposando l’incertezza, correggend­o sé stessi, trovando felicement­e soluzioni impreviste, insomma grazie alla lentezza ostinata e a una dose di umiltà, i geni hanno costruito le grandi opere destinate a durare. Un insegnamen­to di vita contro il tutto e subito.

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