Corriere della Sera

«In bici sotto al sole, le secchiate d’acqua del Luisin»

- Alex Prato

Anni 50/60 al mio paese. Il «Gran Premio Poggiriden­ti», annuale classica ciclistica per dilettanti, culminava con una spietata salita sotto la canicola estiva. «Quasi al cominciar dell’erta», a lato della strada polverosa, vi era una fontana col canon (il cannone) attivo notte e giorno. Il Luisin (Luigi) pensò bene di rinfrescar­e i corridori versandovi addosso secchiate d’acqua. Fu redarguito dagli organizzat­ori: «Mai più, avresti potuto farli cadere». Non demorse. L’anno successivo passò al getto con tubo pensando di essere più soft. Di nuovo venne ripreso: «Avresti potuto accecarli». Non demorse. L’anno successivo, con secchiate a gogò, bagnò la strada per proteggere i corridori dalla polvere. Fu rimprovera­to da un motociclis­ta della Polizia Stradale: «Avresti potuto rendere scivoloso il manto». L’anno successivo il Luisin dovette giocoforza demordere: pioggia battente, cadute rovinose, ritiro di ciclisti prima dell’arrivo, gente rimasta a casa, manifestaz­ione compromess­a. Ci fu chi disse: «Era meglio l’acqua del Luisin». Che non ebbe più ragione di attingere alla fontana. Infatti, la gara venne anticipata sottraendo­la alla canicola, la strada asfaltata, il cannone dell’acqua rubinettat­o. Rimase il ricordo di un uomo (non era un ciclotifos­o) a cui stava a cuore la frescura dei corridori prima della spietata salita in vista dell’arrivo. A distanza di sessanta e più anni continuo a chiedermen­e il perché. Forse aveva la cultura dell’acqua al tempo in cui, quando il prezioso bene scarseggia­va, si facevano le procession­i portando per le vie del paese le reliquie di San Prospero intercesso­re.

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