«In bici sotto al sole, le secchiate d’acqua del Luisin»
Anni 50/60 al mio paese. Il «Gran Premio Poggiridenti», annuale classica ciclistica per dilettanti, culminava con una spietata salita sotto la canicola estiva. «Quasi al cominciar dell’erta», a lato della strada polverosa, vi era una fontana col canon (il cannone) attivo notte e giorno. Il Luisin (Luigi) pensò bene di rinfrescare i corridori versandovi addosso secchiate d’acqua. Fu redarguito dagli organizzatori: «Mai più, avresti potuto farli cadere». Non demorse. L’anno successivo passò al getto con tubo pensando di essere più soft. Di nuovo venne ripreso: «Avresti potuto accecarli». Non demorse. L’anno successivo, con secchiate a gogò, bagnò la strada per proteggere i corridori dalla polvere. Fu rimproverato da un motociclista della Polizia Stradale: «Avresti potuto rendere scivoloso il manto». L’anno successivo il Luisin dovette giocoforza demordere: pioggia battente, cadute rovinose, ritiro di ciclisti prima dell’arrivo, gente rimasta a casa, manifestazione compromessa. Ci fu chi disse: «Era meglio l’acqua del Luisin». Che non ebbe più ragione di attingere alla fontana. Infatti, la gara venne anticipata sottraendola alla canicola, la strada asfaltata, il cannone dell’acqua rubinettato. Rimase il ricordo di un uomo (non era un ciclotifoso) a cui stava a cuore la frescura dei corridori prima della spietata salita in vista dell’arrivo. A distanza di sessanta e più anni continuo a chiedermene il perché. Forse aveva la cultura dell’acqua al tempo in cui, quando il prezioso bene scarseggiava, si facevano le processioni portando per le vie del paese le reliquie di San Prospero intercessore.