Il Salone dei ponti allarga gli spazi e raccoglie la sfida delle tecnologie
TORINO Una prima volta con il suono del passato, ma un altro spartito. Cambiare rimanendo sé stessi è il mantra del Salone del Libro di Torino, che ieri ha aperto i battenti. Un evento due volte maggiorenne, siamo alla XXXVI edizione, e il primo a guida Annalena Benini. «Un onore, un privilegio», le sue parole al debutto. Con la garanzia di aver potuto «lavorare in grande libertà».
Vuole essere il Salone dei ponti quando tutto intorno si sollevano muri. La forza della cultura, dei libri che ti costringono al confronto è il filo rosso che unisce gli interventi delle istituzioni. C’erano due ministri, un governatore, un sindaco a tagliare il nastro di questo evento, fiore all’occhiello del Paese intero. Gennaro Sangiuliano, ministro della Cultura, annuncia la prossima legge sul libro. «Servirà per finanziare l’apertura di nuove librerie nelle periferie. Con risorse erogate dallo Stato a fondo perduto. E vincoli funzionali per le librerie situate nei centri storici». Citando, con dispiacere, la chiusura di una libreria in piazza Montecitorio, sostituita da un negozio di abbigliamento, il ministro tira fuori dalla giacca tre volumetti a cui tiene. Sono due di Giuseppe Prezzolini e uno di Ezra Pound. Auspica una grande mostra sull’editore torinese antifascista Piero Gobetti. Cita un intellettuale ebreo, Angelo Fortunato Formiggini, che si suicidò a Modena, nel 1938, all’epoca delle leggi razziali. Ricorda l’amicizia e la stima tra il comunista Giorgio Amendola e il conservatore Prezzolini. Tutto per ribadire quanto la cultura alta può e deve fare per mettere intorno allo stesso tavolo teste e idee divergenti.
«Se apro un libro diventa un mondo»: è Leonardo Sciascia a dare il «la» alle parole del ministro dell’istruzione Giuseppe Valditara. Una battaglia che qualcuno vorrebbe far apparire retrò con l’incalzare dell’intelligenza artificiale e l’invasione,