Governo, un’authority sui conti Il calcio insiste e vuole autonomia
Le parti cercano un punto d’incontro. Cairo: «Autodeterminazione, ma mai un aiuto»
Non un’agenzia governativa. Semmai un’authority, formula che potrebbe aiutare a far ingoiare il rospo anche a Uefa e Fifa che, con una lettera, hanno chiesto lumi (entro lunedì) sulla potenziale invasione di campo della politica. Al tavolo apparecchiato dal ministro dello Sport Andrea Abodi nei suoi uffici di largo Brazzà, a cento metri dalla Fontana di Trevi, ci sono i vertici di calcio e basket accompagnati dal presidente del Coni, Giovanni Malagò. E si lavora di cacciavite per trovare un punto di equilibrio nella bozza del decreto che punta a mettere le ganasce ai conti delle società pro di calcio e basket sollevando i revisori di Covisoc e Comtec dalla funzione di sentinella economico finanziaria dei club.
La soluzione ancora non c’è, impensabile farla balzare fuori dopo appena due ore di confronto, per altro in alcuni frangenti piuttosto animato. E infatti, a fine incontro, i toni mantengono il volume dello scontro. «Il problema non sono i controlli, e lo strumento non risolve il problema», il commento del presidente Figc Gabriele Gravina, a precedere quello del capo della Lega di A, Lorenzo Casini: «Restiamo contrari all’agenzia governativa: è un’ingerenza della politica», dice assecondando la controspinta dei club.urbano Cairo, presidente del Torino, completa il tema: «Va bene tutto, ma il calcio e lo sport si devono autodeterminare. Il pallone in particolare, che è un po’ il motore di tutto lo sport, non ha avuto molti aiuti: è giusto che controlli nel momento in cui dai degli aiuti. Si parla da tempo di un contributo dalle scommesse che sono sviluppate sulle partite di calcio, ma per il momento non c’è nulla».
Però la volontà del ministro di andare avanti con la riforma, e soprattutto la disponibilità a correggerla, apre sul tavolo diverse opzioni per ispirare un documento da condividere al più presto con Leghe, Figc e Federbasket affinché ne discutano la prossima settimana nelle rispettive assemblee, con destinazione finale nel Consiglio dei ministri del 20 maggio. L’authority indipendente sembra per ora la via maestra, quella sulla quale si registrano le aperture più significative, anche se mai totali. A patto, però, che si chiarisca come comporre la governance, passaggio chiave per definirne l’autonomia reale. C’è anche chi, forse per provare a spiazzare il ministro, chiede la creazione di un albo ad hoc dal quale il governo potrebbe attingere i revisori della Covisoc, un modo per non mettere mano a pesi e contrappesi dell’architettura sportiva concedendo alla politica un ruolo da garante. La Figc, con il presidente Gravina a colloquio con Abodi anche in mattinata, è quella che conferma le più forti perplessità sull’impronta della bozza e, per conservare il dogma dell’autonomia dello sport, propone una griglia di regole nuove e più stringenti da far applicare agli organismi federali che si occupano dei conti senza, però, farli sparire.
Se ne parla, insomma. Con l’impressione che la discussione sul decreto se ne porti appresso altre, forse più determinanti per gli equilibri economico finanziari dello sport. Tipo un eventuale «ritorno dei benefici legati al decreto crescita», elemento che potrebbe convincere i club del calcio ad accettare un controllo più stretto sulle loro casse, come considerano rigorosamente off records molti presidenti di A, pronti a schierare l’artiglieria pesante se non arriveranno risultati o sul versante politico o (soprattutto) sul fronte economico. Di sicuro al momento le «parti sono disponibili a incontrarsi di nuovo», dice Malagò. Mentre Abodi si definisce «soddisfatto». Perché indietro non si torna.
I dubbi
Gravina: «Lo strumento non risolve il problema» Casini: «L’agenzia un’ingerenza»