Proteste e fischi per la cantante che rappresenta lo Stato ebraico
La politica fuori dalla musica. L’utopia dell’eurovision Song Contest ancora una volta si scontra con la realtà. Giovedì sera infatti non sono passati sotto silenzio i fischi per la cantante israeliana Eden Golan davanti a una platea che nel giorno della finale raggiunge i 200 milioni di spettatori. Il premier
Benjamin Netanyahu le ha inviato un videomessaggio di sostegno e congratulazioni: «Non solo stai gareggiando all’eurovision in modo orgoglioso e impressionante, ma stai gareggiando con successo di fronte a una brutta ondata di antisemitismo: stai resistendo a tutto questo rappresentando lo Stato di Israele con enorme onore». Certo il clima è acceso già da tempo, Golan in gara si è presentata con il brano «Hurricane», terza versione per l’eurovision, dopo che ne erano state scartate altre due (la prima dal titolo «October Rain») in cui il comitato organizzatore aveva visto possibili messaggi politici (vietati nel concorso) riferiti al conflitto di Gaza. Qui poi le contestazioni continuano a non mancare: all’esterno della Malmö Arena le manifestazioni pro Palestina, all’interno l’insofferenza dei cantanti proprio nei confronti dalla rappresentante israeliana. L’olandese Joost Klein si è coperto con la bandiera del suo Paese mentre lei parlava in conferenza stampa; la greca Marina Satti invece sbadigliava e fingeva di dormire in modo plateale. Insomma un’atmosfera tesa in cui pure la Rai ci ha messo lo zampino, rivelando per errore i dati del televoto italiano che hanno «premiato» proprio Israele con numeri clamorosi: il 39,3% dei voti contro l’appena il 7,3% dell’olanda, al secondo posto. Un sostegno arriva invece dalla Germania dove la ministra della Cultura ha preso posizione contro chi attacca Israele: «Gli appelli al boicottaggio contro la partecipazione di artisti israeliani a Malmö come ovunque in Europa e in Germania sono totalmente inaccettabili».