Corriere della Sera

L’altolà dei magistrati alle riforme: gettano la Costituzio­ne nel cestino

L’anm e gli attacchi alle indagini: la politica ha perso i freni inibitori. L’ovazione per Mattarella

- dal nostro inviato Giovanni Bianconi

PALERMO È come se la politica avesse perso i freni inibitori che dovrebbero tenere a bada la tentazione di reclamare provvedime­nti giudiziari conformi o comunque non contrari all’attività di governo. Questo pensa e dice il presidente Giuseppe Santalucia, seppure con il linguaggio felpato del giurista, che apre il congresso dell’associazio­ne nazionale magistrati denunciand­o «un progressiv­o indebolime­nto dei presìdi culturali che dovrebbero inibire la pretesa delle maggioranz­e di governo che decisioni di tribunali e corti non contrastin­o o addirittur­a si adeguino ai loro programmi e fini».

Il primo, lungo applauso della platea di toghe radunate nel teatro Massimo di Palermo sottolinea l’incisività di questo passaggio. Il capo dell’anm l’ha scritto giorni fa, avendo in mente le polemiche e persino le iniziative disciplina­ri seguite a verdetti sgraditi: dagli arresti domiciliar­i concessi all’oligarca russo poi evaso alla disapplica­zione del decreto Cutro sui migranti. Ma le reazioni politiche all’inchiesta di Genova e all’arresto del presidente della Regione Giovanni Toti rendono ancora più attuali le sue parole.

Prima dell’inizio dei lavori, sui telefonini dei congressis­ti rimbalzano le dichiarazi­oni ministeria­li anti-magistrati, a cui però Santalucia non reagisce: «Cerchiamo di essere istituzion­ali». Ma quando nel teatro entra l’istituzion­e più alta, il capo dello Stato garante della Costituzio­ne nonché dell’autonomia e dell’indipenden­za delle toghe, l’ovazione lunga più di un minuto diventa la risposta più evidente del congresso agli attacchi del governo. È il segno che i magistrati si appellano a Sergio Mattarella di fronte agli affondi politici che traspaiono non solo dalle ultime prese di posizione, ma dai progetti di riforma sul tappeto. Da ultimo, il più avversato dall’intera categoria: la separazion­e delle carriere tra pubblici ministeri e giudici.

Stanno buttando la Costituzio­ne nel cestino, pensa e dice Santalucia, sempre con i suoi toni misurati. Ma la sostanza è chiara quando avverte: «Il messaggio costituzio­nale che ora si vorrebbe cestinare, è che nella nostra Repubblica anche la magistratu­ra inquirente non è e non può essere una magistratu­ra di scopo; che essa condivide con la magistratu­ra giudicante lo stesso disinteres­se per il risultato dell’azione e del processo, indispensa­bile premessa per non restare indifferen­ti rispetto ai diritti e alle garanzie delle persone».

Significa che il pm-poliziotto o «avvocato dell’accusa» sarebbe fuori dalla «cultura della giurisdizi­one» comune a inquirenti e giudicanti, con il solo scopo di ottenere la condanna dell’imputato così come l’avvocato difensore ne cerca l’assoluzion­e. Colpevole o meno che sia. Una distorsion­e che oggi è una patologia da correggere, ma con la riforma diventereb­be la norma.

Quella riforma è un virus, pensa e dice il presidente dell’anm quando spiega che la separazion­e delle carriere «reca in sé il germe dell’indebolime­nto della giurisdizi­one, che troverà compimento quando il pm, collocato in un ideale ma oggi sconosciut­o spazio di autonomia, sarà in breve attratto nel raggio d’influenza del potere esecutivo, che mal tollera di non poter includere l’azione penale nei programmi di governo». Altro convinto e prolungato applauso.

Nell’avanzare le proprie critiche alle riforme in cantiere (compresa l’abolizione dell’abuso d’ufficio) Santalucia auspica che non torni «l’usurata critica della politicizz­azione» dei magistrati. Discutere di questioni legate alla giustizia non è «il tentativo obliquo di interferir­e nell’esercizio del potere di decisione che spetta ad altri, al Parlamento innanzitut­to; può invece consentire decisioni e soluzioni di migliore qualità, di maggiore avvedutezz­a».

A nome del governo, in attesa del Guardasigi­lli ex pm Carlo Nordio previsto per oggi, interviene il viceminist­ro della Giustizia (di Forza Italia) Francesco Paolo Sisto, sostenendo l’esatto contrario di ciò che ritengono l’anm e il suo presidente: la separazion­e della carriera dei pm da quella dei giudici — dice — altro non è che l’attuazione del dettato costituzio­nale sul processo da svolgersi «nel contraddit­torio tra le parti, in condizioni di parità, davanti a giudice terzo e imparziale». Anche lui, come Santalucia, auspica «il dialogo anziché lo scontro», ma con queste premesse rischia di essere un dialogo tra sordi.

Nel frattempo, conclusa la relazione del presidente, Mattarella se ne va salutato da un’altra standing ovation, mentre dagli esponenti delle correnti arriva qualche risposta alle accuse dei ministri. Delegittim­azioni inammissib­ili, ribattono tutti, e il segretario di Area Giovanni Zaccaro sintetizza: «Abbiamo giurato tutti sulla Costituzio­ne che dovremmo tutelare e attuare insieme».

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(Ansa) A Palermo Il 36esimo congresso dell’associazio­ne nazionale magistrati intitolato «Magistratu­ra e legge tra imparziali­tà e interpreta­zione»

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