Corriere della Sera

Emma Rafowicz contro il fanatismo

- di Paolo Lepri

«Cimice sionista» è uno dei tanti insulti ricevuti da Emma Rafowicz, candidata alle elezioni del 9 giugno (con buone probabilit­à di sbarcare a Strasburgo) nella lista guidata da Raphaël Glucksmann, l’uomo che ha rivitalizz­ato la sinistra francese con l’accordo tra il suo movimento, Place publique, e il malridotto Partito socialista sostenendo la necessità di «riprendere la bandiera europea dalle mani di Emmanuel Macron». «Il presidente — ha spiegato a Stefano Montefiori sul Corriere della Sera — è per l’europa fin tanto che l’europa non mette in discussion­e gli interessi dei potenti».

Tornando a Emma, qual è la colpa di questa ventottenn­e di origini ebraiche (i nonni sono sopravviss­uti all’olocausto) presidente dei giovani socialisti, che sta girando tutta la Francia senza perdersi d’animo e si definisce «antirazzis­ta, repubblica­na e universali­sta»? Essere la nipote del portavoce dell’esercito israeliano, Olivier Rafowicz. «Ho denunciato il massacro a Gaza e la politica di Netanyahu, sono per un cessate il fuoco immediato e per una soluzione con due Stati. Mio zio ha fatto le sue scelte di vita, io ho fatto le mie», ha detto a Libération. Queste parole sono state sostanzial­mente ignorate.

Molte delle aggression­i online all’aspirante eurodeputa­ta sono venute infatti da simpatizza­nti di Jean-luc Mélenchon, il leader della sinistra anticapita­lista che nella guerra Israele-hamas ha assunto posizioni sempre più discutibil­i. «Mi piacerebbe che la La France insoumise condannass­e le frasi dei suoi aficionado­s ed escludesse gli antisemiti dai suoi ranghi», ha affermato Emma Rafowicz. Non è stata accontenta­ta. C’è chi le ha espresso solidariet­à — è il caso della militante franco-palestines­e Rima Hassan — ma anche chi ha reagito stizzosame­nte, come il coordinato­re di LFI, Manuel Bompard, che l’ha accusata di «lanciare l’anatema» contro un partito che «non ha bisogno di lezioni». Nonostante tutto, l’ex collaborat­rice della sindaca di Parigi Anne Hidalgo continua a sperare in una gauche unita. «È un sogno — osserva Le Monde — che lei sa essere utopistico nel momento in cui il clima politico si polarizza». Un clima, anzi una pericolosa ondata di radicalism­o, di cui sarebbe

meglio vedere la fine.

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