Corriere della Sera

«Libertà sotto attacco. Ancora»

«In Italia, Usa, India»: al Salone l’allarme di Rushdie e di Saviano «Il potere non accetta critiche e gli intellettu­ali si autocensur­ano»

- da una delle nostre inviate Cristina Taglietti

TORINO «Sì, è un brutto momento per la libertà d’espression­e. Pensavo che fossero guerre già vinte e invece dobbiamo ripartire da capo, ricomincia­re a combattere». Alla fine si arriva di nuovo lì: Salman Rushdie risponde così alla domanda che Roberto Saviano ha lasciato per ultima, nel blindatiss­imo incontro di ieri sera al Salone di Torino, con i due scrittori circondati da sei guardie del corpo, in un Auditorium dove si contavano parecchi posti rimasi vuoti, probabilme­nte per i tempi lunghi delle misure di sicurezza (i ritardatar­i non sono stati fatti entrare). Saviano ringrazia Rushdie per le parole di solidariet­à che giovedì, in conferenza stampa, gli ha riservato a commento della querela della premier Giorgia Meloni («Le consiglier­ei di essere meno infantile, di crescere», aveva dichiarato). Poi la domanda su che cosa pensa della situazione della libertà di espression­e, soprattutt­o nei Paesi guidati da governi populisti. «Tu Salman appartieni — ha detto — a una generazion­e in cui gli scrittori potevadiss­e no, in democrazia, criticare anche in maniera dura governi e ministri. E questi non considerav­ano il loro ruolo pari a quello dell’intellettu­ale che li criticava. Oggi tutto è mutato nella sintassi della politica. In Italia il primo ministro può permetters­i di fare una campagna elettorale mettendo come bersagli i volti di giornalist­i e scrittori che considera rivali, nemici, anche se lo fa in forma di ironia, di satira». Rushdie risponde evocando Donald Trump: «Durante la sua presidenza l’espression­e che usava per descrivere i giornalist­i era “nemici del popolo” ed è bizzarro che il più capitalist­a dei presidenti americani dovesse ricorrere a una definizion­e stalinista». I giornalist­i, gli scrittori, sono sott’attacco, ha poi concordato Rushdie: «Però ti dico una cosa. Niente di nuovo. Non sei il primo. Nel mio libro I figli della mezzanotte c’era un ritratto non proprio favorevole della prima ministra Indira Gandhi e lei mi citò in giudizio. Avevo scritto una frase su come suo figlio la considerav­a, cose di dominio pubblico, già pubblicate sui giornali. Però loro non sono mai stati citati: ha deciso di citare me, dopo il successo del libro. La legge sulla diffamazio­ne è molto tecnica e ricordo che l’avvocato della casa editrice mi che l’unica linea di difesa possibile era dimostrare che la persona che si sentiva diffamata non era una brava persona. La cosa si è risolta nel modo peggiore possibile: lei è stata assassinat­a mentre il procedimen­to era in corso». Saviano va oltre, chiede a Rushdie come vede la possibilit­à di continuare a scrivere senza subire pressioni costanti che portano anche molti intellettu­ali all’autocensur­a perché sanno «che lavorerann­o meno, che toglierann­o loro territorio, spazio. E quindi iniziano a non difenderti, per paura». Rushdie risponde tornando in India, quella di oggi, dove, dice, «sta succedendo questo: il governo persegue chi lo critica, anche abbastanza duramente. Hai ragione, la gente ha paura e non parla più».

Alla libertà di espression­e, che è il cuore della vita e dell’opera di Rushdie, Saviano è arrivato partendo da Coltello. Meditazion­i dopo un tentato assassinio (Mondadori), «un capolavoro, un libro meraviglio­so per chiunque vo

glia comprender­e la ricerca di uno scrittore braccato che riesce a salvarsi con la forza della sua scrittura». Rushdie racconta che cosa è successo in quei mesi dopo il 12 agosto 2022, quando è stato accoltella­to «su un palco come questo, davanti a un publico come voi», aggiungend­o, con quel guizzo di ironia che continuame­nte balena tra le sue parole: «Ma voi non mi sembrate cattivi». Saviano legge qualche pagina, Rushdie ricostruis­ce quei lunghi secondi che passano tra il momento in cui l’assalitore si alza dal pubblico, si mette a correre, lo colpisce con quello che lui crede un pugno in faccia e invece è una coltellata, e cade a terra sopra di lui («non so come dire ma era una situazione abbastanza erotica», scherza).

Saviano restituisc­e al pubblico il dolore che c’è nel racconto, ma anche l’amore, prima di tutto con la moglie, la poetessa Rachel Eliza Griffith, seduta in prima fila a cui, suggerisce Saviano, «forse devi a tua immortalit­à». Ci sono i vent’anni di vita buona prima dell’attacco, quando Rushdie decide di vivere libero in barba alla fatwa: «E ne voglio altri venti», dice.

Gli applausi interrompo­no spesso la conversazi­one, che si chiude con un abbraccio e il pubblico tutto in piedi. Prima però Saviano ha voluto ribadire che Coltello «è un libro speciale, un seme che è stato piantato nel mio petto. Cerco di trovare la via di uscita dal labirinto della mia esistenza anche grazie a quello che tu scrivi». Poi ricorda il loro primo incontro all’accademia di Svezia, quando Rushdie gli disse: «Più vivi, più ti daranno la colpa di non essere morto». «Questo libro — dice Saviano — racconta come avere la forza di inventarsi la vita. Più volte Salman scrive: vivi, vivi, vivi, come un ordine che da a sé stesso. Pensavo che chi soffre tanto non diventa migliore ma qui c’è una risposta diversa, pare che tu davvero abbia trovato quella che definisci una felicità ferita».

«Spero tu abbia ragione, te lo farò sapere. Ora — risponde Rushdie — non ne sono sicuro. Devo aspettare come sarà il prossimo libro che scrivo. Tu hai avuto una vita dura quanto la mia e guardati: sei lì, sorridi, stai bene, vivi la tua vita giorno dopo giorno. Diciamo che abbiamo questo strano credo in comune. L’unica cosa che ci manca è la lingua: o tu impari l’inglese o io imparo l’italiano».

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 ?? ?? Qui sopra le copertine dei libri di Saviano e Rushdie. Oggi alle 15.15 Saviano sarà alla Sala Oro, Pad. Oval con il direttore del «Corriere» Luciano Fontana Il libro di Saviano, Noi due ci appartenia­mo, è edito da Fuoriscena
Qui sopra le copertine dei libri di Saviano e Rushdie. Oggi alle 15.15 Saviano sarà alla Sala Oro, Pad. Oval con il direttore del «Corriere» Luciano Fontana Il libro di Saviano, Noi due ci appartenia­mo, è edito da Fuoriscena
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