Italia oscura e Italia splendente I racconti di Saviano e Cazzullo
Il rapporto malato delle mafie con il sesso. L’eredità dei grandi spiriti, Giulio Cesare e Dante Alighieri
Italie. Perché una sola non basta per raccontare il nostro Paese. Figuriamoci per capirlo. L’italia dei libri di storia e quella dei Tg. Pezzi di un Paese che finisce sempre per scoprirsi più unito di quanto voglia far vedere. L’italia che c’è. Nonostante tutto. E anche per fortuna.
Al Salone del Libro di Torino (a proposito: la prima capitale d’italia) ieri erano protagoniste due grandi firme del «Corriere della Sera». Roberto Saviano e Aldo Cazzullo. Il primo in dialogo con il direttore del quotidiano di via Solferino, Luciano Fontana. Anche qui a parlare di un’italia che, però, vorremmo veder scomparire. La penisola oscura delle cosche mafiose e del malaffare. E di un’idea di famiglia, di relazioni umane che ci spiazza. Noi due ci apparteniamo, il nuovo libro di Saviano (Fuoriscena), sonda un terreno poco conosciuto dei boss: il sesso, l’amore, il tradimento. «In queste pagine — commenta Fontana — c’è un Saviano allo stato puro. Quello che abbiamo conosciuto, amato. Che ci ha fatto emozionare. In un contesto davvero originale». In pochi si erano addentrati così bene nel descrivere l’intimo dei boss e delle loro compagne.
«Le grandi organizzazioni criminali — spiega lo scrittore — hanno l’ossessione per il controllo dei corpi. Questa è la condizione essenziale per manipolare le coscienze di chi deve obbedire». Così come il precetto del matrimonio monogamico. «Il loro mantra è sposare qualcuna che non si ama. Così non c’è il rischio di separarsi». Matteo Messina Denaro rompe questo schema ancestrale. Ama le donne e viene ricambiato. Adora la vita comoda, gli agi. Un altro mondo rispetto a quello del bandito Salne vatore Giuliano, che non voleva una casa in città perché «sull’asfalto si scivola». Mentre il boss di Castelvetrano aveva messo da parte un patrimonio da 800 milioni che non stavano sotto un materasso. Ma le due amanti, peraltro pazze di lui, sono state la debolezza letale. «È venuto meno al principio del neopuritanesimo che vige ancora nei clan criminali». Messina Denaro che non dà retta ai consigli di Niccolò Machiavelli. E si lascia dominare e vincere dall’emotività, conseguenza dell’innamoramento. Errore madornale.
Ma c’è un’italia splendida e splendente. Ce la portiamo dietro e dentro da secoli. Non
Il palco e il firmacopie
In alto: il direttore del «Corriere della Sera» Luciano Fontana ieri sul palco del Salone mentre presenta il nuovo libro di Roberto Saviano. Qui sopra l’editorialista e vicedirettore del «Corriere» Aldo Cazzullo firma un suo libro (© Matteo Secci/lapresse) siamo abbastanza fieri. Più per spirito critico eccessivo che per modestia. Aldo Cazzullo ci ridà l’orgoglio di sventolare un tricolore che non si è mai sbiadito sul serio. Siamo nati prima di quanto immaginassimo. «Non è stato Dante il primo a usare l’espressione Italia ma Giulio Cesare. Un grande politico, un grande generale, un grande scrittore. E se la cavava anche da giornalista. Basti pensare alla sua frase: “Veni, vidi, vici”. Meglio e più efficace di un tweet».
Cazzullo ci ricorda già nel titolo del suo libro Quando eravamo i padroni del mondo (Harpercollins) il retaggio nobile del nostro Paese. «Non siamo i discendenti diretti dei Romani ma c’è una continuità tra noi e loro. Ci hanno lasciato un’eredità. E lo vediamo ogni giorno parlando una lingua neolatina, leggendo i nomi delle strade e delle città». E scorrendo gli occhi su capolavori immortali. «L’eneide che Virgilio voleva che fosse bruciata dopo la sua morte. E che non lesse mai in pubblico perché si vergognava per la balbuzie». Il libro di Enea «uno sconfitto, un migrante. Però l’uomo della pietà e della misericordia che congiunge passato e futuro con il padre sulle spalle e il figlioletto per mano». Virgilio che fa da guida a Dante, a cui Cazzullo ha dedicato due libri, il sommo poeta che racconta di Ulisse «il primo uomo moderno. Non perché fosse saggio, ma ignorante. E per questo voleva raggiungere l’ignoto».
Con il libro Una giornata particolare (Solferino) la firma del «Corriere» si rivolge ai giovani. E confessa: «Io sono un fan di San Francesco, Dante e Cristoforo Colombo. Sono morti poveri, chi per scelta chi per disgrazia. Insieme c’è la grandezza dell’uomo, tanto da mettersi in viaggio oltre le colonne d’ercole, oltre i limiti».