«La Rai torni alla tv sociale. Altrimenti rischia di morire»
Il nuovo libro di Paola Severini Melograni: la rincorsa alle televisioni commerciali l’ha snaturata
«La Rai deve trovare il coraggio di tornare alla televisione sociale delle origini. Non dico alla Rai del maestro Manzi, ma sicuramente deve comprendere che continua ad avere un compito pedagogico fondamentale. Altrimenti rischia di morire».
Così Paola Severini Melograni, forte di un’esperienza cominciata 41 anni fa, tutta dedicata a produzioni per radio e televisione sui temi della disabilità e dell’inclusione sociale. Esperienze raccolte in un libro (Castelvecchi Editore) che definisce una «biografia attraverso la televisione» dal titolo O anche no. Da vicino nessuno è normale, che è pure il format del programma che conduce su Rai Tre.
Perché è così severa?
«Perché i ricchi, le élite ormai guardano Netflix o altre piattaforme. La Rai invece parla a un pubblico grande e indifferenziato che spesso non ha gli strumenti che noi abbiamo il dovere di dargli. In tal senso il libro è un modo per chiedere alla Rai di oggi una cosa semplice: cosa è successo in questi anni rispetto al tuo compito primario?»
Appunto, cosa è successo?
«Semplice. Fino ad un certo momento ha avuto questa funziona sociale poi, quando sono arrivate le televisioni commerciali, si è messa alla rincorsa ed ha pian piano perso qualcosa per strada. Oggi però è di fronte a un bivio: o sceglie la via maestra e dice “io sono la Rai e fornisco un servizio pubblico”, oppure è destinata lentamente a perdere ascolti».
Lei segnala come una svolta l’esibizione di Ezio Bosso a Sanremo nel 2016. Perché, visto che da tempo il tema della disabilità non era più un tabù in tv? Vedi le apparizioni di Enzo Aprea o Modugno.
«Non c’è paragone, rispetto agli indici di ascolto. Con Bosso c’è un autentico cambio di passo. In un martedì di Sanremo alle 23 è stato un botto. Io, che avevo preparato quell’appuntamento, ricevetti telefonate da tutto il mondo. Fu grazie a Bosso che Carlo Freccero (tra i pochi innovatori nel mondo della televisione) mi volle su Rai Due, prima di passare poi a Rai Tre».
Quali i momenti più significativi nel percorso di apertura della tv alla disabilità?
«Quelli che segnalo nel libro, comprese le apparizioni di Aprea e Modugno. E poi mi piace ricordare la mia prima trasmissione in Radio con Adriano Mazzoletti che si chiamava “Punto d’incontro” e la mia relazione Rai per il sociale a Spoleto nel 2021. C’è tutto il senso delle battaglie di una vita sull’inclusione».
Che numeri fa il vostro programma?
«Rispetto a collocazione e fascia oraria ottimi. La scorsa domenica abbiamo fatto il 3,2 e lunedì notte, in replica, il 3,8. Doppiando programmi che non fanno certo televisione per il sociale».
Quali ostacoli ci sono ancora sul tema della disabilità?
«Non voglio fare nomi, ma basta vedere il dibattito di queste ultime settimane in Italia per capire che c’è ancora della strada da fare».
La disabilità
Sul tema, di cui la giornalista è esperta, «nel Paese c’è ancora tanta strada da fare»