Corriere della Sera

IL NAPOLI E LA REGOLA DI PELÉ: SAPER PERDERE

- di Giancristi­ano Desiderio

Ese il Napoli dei fallimenti fosse più istruttivo del Napoli dello scudetto? Lo scorso anno la squadra di Spalletti fece una marcia trionfale. Kvaratskhe­lia entrava nelle difese avversarie come la lama nel burro, Osimhen trasformav­a in gol ogni palla. Quest’anno la squadra di Garcia, Mazzarri, Calzona è una marcia funebre. Kvara si è perso nei dribbling, Osimhen si è perso la porta. Spalletti ha fatto la migliore sintesi: «Tre allenatori non si cambiano nemmeno in cinque anni». Eppure, è difficile capire come una squadra vincente si sia trasformat­a in un’estate in una squadra perdente. Non si è mai verificato che la squadra campione d’italia sia uscita dalla corsa per lo scudetto alla metà del girone d’andata. Tuttavia, come diceva Pelé: «La regola numero uno nello sport e nella vita è saper perdere». La metamorfos­i dallo scudetto al fallimento significa che siamo tutti, compresa la mano de Dios, fallibili. Il calcio ci mostra che nessuno è il padrone del pallone/vita e l’assenza di padronanza assoluta è la condizione per giocare/vivere. Il successo è un modello di vita: dalla politica alla cultura, dall’arte alla scuola. Ma il contrario del fallimento non è il successo, è la rinuncia. Successo e fallimento si coapparten­gono, giocano nella stessa squadra, in ogni squadra, in ogni giocatore. Guardare solo il successo e nascondere il lavoro che si deve necessaria­mente fare per vivere/giocare è il più grave degli errori. Il segreto del calcio non è la vittoria sicura ma la sconfitta possibile. Nessuno è infallibil­e. Per fortuna.

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