Ecco «Megalopolis» La follia di Coppola
L’antica Roma rivive in una New York post-apocalittica: nuovi linguaggi cinematografici in un kolossal visionario
Cannes 2024 In concorso l’ambizioso (e discusso) film che mescola le corse di bighe alle radici dei difetti moderni
Con una idea si esce dalla proiezione di Megalopolis, il film di Francis Ford Coppola che Cannes ha presentato in concorso ieri: che il regista del Padrino e Apocalypse Now, fresco dei suoi 85 anni, ha ancora una grandissima fiducia nel cinema, a cui riconosce la forza e l’energia di una inesausta creatività. Senza preoccuparsi né delle aspettative del pubblico né dei propri preziosismi autoriali. E con i tempi che corrono non è poca cosa.
Perché si può dire di tutto del suo ultimo film, che è kitsch, pretenzioso, discontinuo, ma non si può non riconoscergli un’ambizione fuori ordinanza. E non perché usi la storia di Roma antica per parlare del nostro futuro ma perché vuole usare la «macchina cinema» per dare una nuova forma a quelle sue idee e offrire allo spettatore uno spettacolo inedito.
A cominciare dalla scelta di usare la pellicola 70mm e proiettarla in un cinema predisposto per il formato Imax, come è accaduto ieri mattina a Cannes, dove la stampa è stata trasportata fuori città in una sala all’uopo, godendosi anche un sorprendente fuori programma: nella scena dove Adam Driver, nei panni di Cesare Catilina, doveva rispondere alle domande di una conferenza stampa, una luce laterale ha mostrato un «attore» che si è posizionato con il microfono davanti allo schermo e ha fatto credere di rivolgersi direttamente a Catilina sullo schermo, che naturalmente ha risposto a tono.
Un intermezzo difficile da replicare nelle proiezioni per il pubblico ma significativo di un’idea di coinvolgimento che ancora nessuno aveva sperimentato in questi modi.
Dicevamo di Catilina: il riferimento voluto è proprio al politico di Roma antica che tentò di sovvertire l’ordinamento repubblicano nel 63 avanti Cristo e anche se il film è ambientato a New York, in un futuro non molto lontano, una voce off all’inizio di Megalopolis sottolinea il parallelo con la caput mundi dell’antichità e il rischio che l’avidità e la sete di potere rovinino le persone oggi come era successo duemila anni fa.
Anche nel film di Coppola c’è un Cicerone, di nome Frankie (Giancarlo Esposito), sindaco della città e naturalmente grande nemico di Catilina che a capo della commissione urbanistica sogna di distruggere il vecchio per creare nuovi e più ecologici spazi ambientali.
Sentiremo il sindaco, verso metà dei 135 minuti di durata del film, tuonare (anche se in inglese) il celeberrimo Quousque tandem abutere, Catilina, patientia nostra? (Fino a quando abuserai, o Catilina, della nostra pazienza? per chi ha dimenticato il latinorum scolastico) ma i rapporti tra i due antagonisti sono molto più sfumati e contradittori, anche per colpa della bella Giulia (Nathalie Emmanuel), che pur essendo figlia di Cicerone
ama Catilina.
E poi c’è il rappresentante del potere economico, Hamilton Crasso III (Jon Voight), padrone della banca che fa gola al proprio figlio Clodio (Shia
Leboeuf) e alla spregiudicata giornalista Wow Platinum (Aubrey Plaza).
I legami tra questi personaggi sono naturalmente molto più complessi e articolati (entrano in gioco anche le vecchie mamme, gli scagnozzi, i tirapiedi) e Coppola, che ha prodotto e sceneggiato da solo il film, affidando al figlio Roman la direzione della seconda unità, si diverte ad adattare alla sua Megalopolis i giochi saturnali con tanto di corse di bighe, gli omaggi alla dea Vesta (Grace Vanderwaal) senza dimenticare qualche allusione alle parole d’ordine del populismo trumpiano.
Ma a fare la forza del film (che a qualcuno può sembrare troppo ambizioso e troppo fuori norma) è la sua visionarietà, il suo giocare con il parallelismo roma-antico, la capacità di vedere nel passato le radici dei nostri difetti moderni (l’esibizionismo, l’avidità, la doppiezza) ma soprattutto la voglia di sperimentare nuovi linguaggi dove l’ultima cosa che lo preoccupa è la coerenza espressiva.
E così lo schermo si riempie di immagini digitali e analogiche, di realtà rifatte in studio e di schermi televisivi e ogni tanto si spezza, con tre immagini parallele che dialogano tra loro, sovrapponendosi o fondendosi.
Come aveva fatto Abel Gance con Napoleon quasi cent’anni fa? Sì, perché per Coppola il cinema non smette mai di rinascere nuovamente.