Corriere della Sera

«Io e lui tra i proiettili, era il più bravo di tutti L’ultima telefonata: non ce la faccio più»

Il collega che lavorò con lui nei Balcani

- Di Giovanna Cavalli

«Quando l’ho sentito al telefono l’ultima volta mi ha detto: “Sono molto stanco, non ce la faccio più, mi resta mezzo polmone, sento che per me sta arrivando la fine”. Ma io non gli ho creduto, anche se faceva fatica a parlare, gli mancava l’aria. Mi pareva impossibil­e che morisse così in fretta e invece se n’è andato e io ho perso mio fratello, è uno dei giorni più brutti della mia vita». Everardo Bolletta, 75 anni, per oltre dieci è stato il montatore di Franco Di Mare, la sua ombra, nelle lunghe e rischiose missioni nei Balcani. Guarda nel cellulare: «Ecco il suo ultimo messaggio, una fila di cuoricini rossi».

Il primo incontro nel 1993, nel cortile di Saxa Rubra.

«Mi portò al bar. “Vieni che ti offro un caffé”. Quasi me lo mandò di traverso quando mi chiese a bruciapelo: “Vieni con me a Sarajevo che ci divertiamo, conoscerai un sacco di gente”. Risi. “A’ Frà, ma che dici? Lì c’è la guerra”. Però mi convinse e partimmo con due Lancia Thema blindate del presidente e dell’amministra­tore delegato, altre in Rai non ce n’erano. Le riportammo crivellate di colpi, al porto di Ancona fummo circondati dalla Finanza, ci presero per dei banditi».

A Sarajevo vi spararono.

«Tante volte. Ci fermammo a soccorrere un passante appena centrato dal cecchino. Un solo colpo gli aveva maciullato il piede. Lo trascinamm­o di peso sul sedile posteriore. Se uno dei due avesse rallentato, il killer avrebbe avuto il tempo di ricaricare il fucile e saremmo morti. Mamma non voleva che andassi in zona di guerra, così le raccontai che ero in America, ma poi vide il filmato della sparatoria al telegiorna­le».

Franco aveva paura?

«Forse sì, ma non lo dava a vedere. Era coraggioso, sempre in prima linea. Un pomeriggio stavamo attraversa­ndo una trincea — da una parte c’erano i bosniaci, dall’altra i serbi — quando intorno a noi cominciaro­no a fischiare i proiettili. Io mi buttai a terra, lui restò in piedi, non abbassò nemmeno la testa. Era il più bravo di tutti, e per questo molto invidiato».

Il pericolo non aveva orari.

«Spesso la sera andavamo in un locale, La Boheme, dove suonava una bellissima pianista, a lume di candela, perché saltava il generatore. Per arrivarci dovevamo percorrere uno stradone tra i palazzi, attenti a non farci beccare dai cecchini».

I brutti incontri.

«C’era un terribile generale bosniaco che rastrellav­a chiunque incontrass­e per strada, li mandava a scavare trincee».

Lei si era portato la sua chitarra classica.

«Una stupenda Ramirez, quella di Segovia, che a Franco piaceva tanto, mi aveva offerto di barattarla con un suo Rolex d’oro. Gliel’avevo lasciata nel testamento, dopo quattro infarti ero certo che me ne sarei andato prima di lui».

Gliela lasciava suonare.

«Franco era bravissimo, un dio per come cantava le canzoni napoletane, la sua preferita era Malafemmen­a».

Sempre insieme, in guerra e in pace.

«Ci prendevano in giro perché dove andava lui andavo pure io. “Siamo fidanzati, non l’avete capito?”, rispondeva Franco, per ridere. Quante ne abbiamo combinate. Lui piaceva da matti alle donne, non mi chieda perché, da uomo non ho mai capito bene che ci trovassero, non so dire se fosse bello. Era affascinan­te, colto, le mie amiche mi chiedevano sempre di presentarg­lielo. Ogni tanto mi tirava dentro. “Dai, con questa escici tu”».

Poi ha conosciuto Giulia.

«Mi confidò: “Mi sono innamorato sul serio, è perfetta per me, è la donna della mia vita, ne sono sicuro”. La differenza di età non è mai stata un problema. Gli risposi: “Se sei felice, lo sono anch’io>>.

Si sono sposati qualche giorno fa.

«Sì, l’ho saputo. Franco ci teneva tanto, temeva di non fare in tempo».

Le mancherà.

«Io a quell’uomo gli ho voluto un bene pazzo, mi ha cambiato la vita, prima di conoscerlo ero un povero stronzo, trattavo male tutti, Franco mi ha salvato».

Affascinan­te Cantava come un dio le canzoni napoletane Le amiche mi chiedevano sempre di conoscerlo

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Con Stella Franco Di Mare insieme alla figlia adottiva conosciuta in un orfanotrof­io a Sarajevo
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In Bosnia Franco Di Mare inviato della Rai durante la guerra nella ex Jugoslavia
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Franco Di Mare, morto ieri a 68 anni, a Rai Uno Mattina nel 2011
(Karma press photo) Volto tv Franco Di Mare, morto ieri a 68 anni, a Rai Uno Mattina nel 2011

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