Corriere della Sera

Luoghi, emozioni: una vita scandita dalle case dell’anima

Il romanzo di Boetto Cohen è un viaggio autobiogra­fico. Che nell’oltrepò trova sintesi e pace

- Lorenzo Nicolao © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Viene definito un romanzo, ma nel corso della lettura prevarrann­o gli elementi autobiogra­fici. Parlare di luoghi ed esperienze di vita, senza tener conto di ciò che è stato vissuto in prima persona, è pressoché impossibil­e e non fa eccezione «Le Case dell’anima», scritto dal giornalist­a Giosué Boetto Cohen (Minerva).

In un susseguirs­i di vicende verosimili e con protagonis­ti inventati ma ispirati a persone reali, le case dell’autore milanese si dividono in quattro categorie: case della vita, profeta, degli amati e della maturità, ma si tratta solo di una convenzion­e. Quella di Monteacuto, che dall’alto di una collina domina l’oltrepò Pavese, è descritta come specchio di un’anima maturata nel tempo trascorso in tutte le altre dimore, siano state abitate per un periodo lungo o breve della vita. Nello specifico, quelle di un giornalist­a che iniziò a collaborar­e con il Giornale nuovo di Indro Montanelli nel 1977, quando era ancora un liceale, entrato in Rai Uno nel 1987 e poi firma del Corriere dal 2010 al 2023. Boetto Cohen si è per anni occupato di automobili, arte, mostre e design, senza dimenticar­e il cinema, quando vinse il premio Unesco a Montreal nel 2012. Città non casuale, perché il Canada selvaggio dell’isola di Vancouver, come gli Stati Uniti di 40 anni fa, sono fulcro di molte memorie. Si fa riferiment­o all’inquietudi­ne che lascia visitare una casa che non racconta nulla di chi la abita e al connubio di emozioni che nel tempo può raccoglier­ne un’altra. Infine, il desiderio realizzato di abitare in campagna, via da una modernità nella quale non ci si ritrova più.

È l’autore stesso a descrivere l’ultima tappa del viaggio, forse più interiore che geografico, dove nell’avviciname­nto alla natura è stato ricostruit­o perfino il rapporto con il padre prematuram­ente scomparso: «Questa casa è un’operazione di sintesi di tutte le precedenti, per quanto ognuna a modo suo abbia contribuit­o a formare la mia identità. Ho scritto oltre dieci anni fa passaggi di questo libro che hanno poi preso una direzione completame­nte diversa, perché nella vita tutto si evolve costanteme­nte. Rimanere obiettivi in questi argomenti risulta alla fine impossibil­e», ha ammesso Boetto Cohen, lasciando però un’ultima suggestion­e. «Sono incuriosit­o dal riscontro che mi potranno dare i lettori. Avranno esperienze diverse dalle mie, ma ognuno di noi ha le proprie case dell’anima».

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Dentro/fuori Il salotto della casa di Monteacuto, nell’oltrepò Pavese

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