Una favola nera a Cannes
Per «Kinds of Kindness» l’autore di «Povere creature!» sceglie di nuovo la star premio Oscar
Storia crudele per la «coppia» Lanthimos e Stone Film a episodi in cui ogni attore recita tre ruoli diversi «Emma non sa cosa sia la vergogna, è libera in tutto»
CANNES «Yorgos pensa che scegliere certi attori abbia sempre a che fare con chi sono come persone. Non è mai solo una questione di interpretazione», dice lei di lui. «Emma non sa cosa sia la vergogna, è completamente libera nella testa, nei pensieri, nelle opinioni, nel corpo. In tutto», sostiene lui di lei. Si conoscono bene, fin dai tempi de La favorita, Emma Stone e Yorgos Lanthimos, in concorso a Cannes 77 con la loro terza collaborazione, Kinds of Kindness (in sala dal 6 giugno con Disney) dove ritroviamo anche Willem Dafoe, il dottor Godwin «God» Baxter che dà (nuova) vita, istruzione e curiosità per il mondo a Bella nel fantasy femminista Povere creature. Un film che ha conquistato un Leone d’oro e quattro Oscar, compreso quello per Stone, il suo secondo dopo La la land. Una bella consacrazione.
A pochi mesi di distanza arriva la loro terza volta insieme, un trittico in cui l’attrice dà prova di diverse forme di gentilezza verso il regista greco, compresa quella di tagliarsi un pollice, cucinarlo e darlo in pasto al marito Jesse Plemons, poliziotto inappetente (succede nel secondo episodio, R. F. M. vola).
Trentacinquenne dell’arizona, i primi passi da attrice ancora giovanissima, molta gavetta alle spalle prima di farsi notare come Gwen Stacy, la fidanzata di Peter Parker (Andrew Garfield) in The Amazing Spider-man, Emma Stone ha trovato nel cinema di Lanthimos pane per i suoi denti, la possibilità di mettersi continuamente alla prova. In sintonia con la visione e il metodo sul set del regista ateniese che descrive tutti i suoi film come «figli problematici» e resta fedele al mantra. «Si perde un aspetto molto importante dell’esperienza umana se ci si prende troppo sul serio». Al cinema è arrivato dopo aver abbandonato gli studi di economia, e essere passato alla Hellenic cinema and television school Stavrakos. Anche per lui, prima di arrivare ai palmarès dei festival e agli Oscar, la scuola della gavetta: nel suo caso, pubblicità e videoclip. I due sono diventati amici già prima di trovarsi sul set de La favorita. Aveva pensato a lei, ha raccontato il regista, fin da The lobster, ma il personaggio che pensava di assegnarle balbettava, come a volte capita a lei, e hanno pensato di comune accordo che non fosse una buona idea. Certi di ritrovarsi presto. Come è accaduto. «Ci siamo conosciuti un paio di anni prima di girare insieme, abbiamo discusso parecchio, questo aiuta a capirsi».
Servono anche, hanno spiegato insieme a Variety, le improvvisazioni che lui propone prima delle riprese. «Faccio fare alcuni esercizi agli attori. Per esempio, tutti si mettono in fila e iniziano a girare in cerchio cercando di sincronizzare i passi. Oppure, il gioco della sedia». Il preferito di Emma. «Prima di girare, queste settimane di giochi insieme aiutano a creare fiducia, scherzare insieme, sentirsi a proprio agio gli uni con gli altri». Lei conferma: «Tutto questo aiuta a sentirsi liberi e liberarsi. Oltre a divertirsi». Le regala ogni volta l’occasione di dare sfogo alla sua anima brillante. Persino in questa occasione. Humor nero, certo, nerissimo. E una scena di ballo in un parcheggio, in tailleur melanzana e sandali circolata per il lancio del film e diventata presto virale.
Il titolo originale avrebbe dovuto essere And. Poi ha scelto Kinds of Kindness. Una crudele «favola in tre atti» che il regista cinquantenne ha così descritto al Guardian: «Tre storie diverse, con quattro o cinque attori — nel cast anche Margaret Qualley, Hong Chau e Joe Alwyn —, ognuno recita tre ruoli diversi. Mantenere lo stesso interprete da una storia all’altra aggiunge un senso di continuità a livello inconscio. È stato come girare tre film, veramente. Ma è stato grandioso lavorare nuovamente con Emma. Avere qualcuno che si fida, e lei si fida tantissimo, rende tutto più semplice». Ormai, spiega, «possiamo semplicemente buttarci a capofitto nel lavoro senza dover analizzare, discutere o litigare su qualsiasi cosa». Per le tre donne affidate a Stone nei tre capitoli ha scelto i nomi Rita, Liz e Emily, come quello di battesimo con cui lei ama essere chiamata dagli amici.
Per Emma Stone è la prima volta in gara a Cannes. Sulla Croisette c’era stata per Irrational man nel 2015 ma fuori concorso. Comunque vada, per lei sarà un successo.