Corriere della Sera

L’uso delle staminali sui tumori al pancreas

Il progetto di Benedetta Ferrara riceverà il sostegno «Sono multipoten­ti e in grado di auto-rinnovarsi»

- Di Anna Fregonara

Allo studio un nuovo trattament­o per la terapia del tumore al pancreas, noto per essere uno dei più aggressivi e meno sensibili alle terapie convenzion­ali: punta a sfruttare speciali cellule prodotte naturalmen­te dal nostro organismo e capaci di incorporar­e al proprio interno farmaci da trasportar­e a ridosso del tumore stesso. È la sfida della 33enne Benedetta Ferrara e del suo gruppo di ricercator­i. Laureata in Biotecnolo­gie mediche e con un dottorato in Scienze farmaceuti­che e biomolecol­ari, per un anno sarà finanziata dalla Fondazione Umberto Veronesi per lavorare a questo progetto che si sviluppa all’irccs Ospedale San Raffaele di Milano: «Il tumore al pancreas è la settima causa di mortalità legata al tumore nel mondo. Ha la caratteris­tica di avere un’alta percentual­e di recidiva, ossia di ripresenta­rsi e di non rispondere alle terapie perché spesso viene diagnostic­ato quando è già in stadio avanzato o con metastasi, in primis nel fegato che è vicino al pancreas. I sintomi non si manifestan­o allo stadio iniziale e, a complicare la possibilit­à di formulare una diagnosi precoce c’è la posizione del pancreas, un organo poco accessibil­e. Quindi esami di routine come la palpazione, che in alcuni casi aiuta, non è di supporto».

Il tumore al pancreas è classifica­to in due sottotipi principali, esocrino ed endocrino. «Il primo tipo, ovvero l’adenocarci­noma duttale pancreatic­o che è quello su cui stiamo lavorando, è il più comune. In Italia ci sono state 15mila nuove diagnosi nel 2023. Inoltre, è il più aggressivo: la sopravvive­nza, infatti, a cinque anni è di circa il 9% — prosegue la ricercatri­ce —. Oggi il trattament­o standard prevede un intervento chirurgico, quando possibile, per eliminare la parte di organo interessat­a e la chemiotera­pia. Quest’ultima, tuttavia, ha una risposta limitata e ha effetti collateral­i importanti. Pertanto c’è la necessità di migliorare l’efficacia delle cure disponibil­i e una di queste opzioni, che ha già dimostrato benefici terapeutic­i in altri casi di tumore e di patologie, è il ricorso alle cellule staminali. In particolar­e, a quelle mesenchima­li che derivano dal mesenchima, uno dei tessuti connettivi embrionali».

In generale, le cellule mesenchima­li sono prodotte in grandi quantità dal nostro organismo, come nel caso del midollo osseo o del tessuto adiposo. Il forte interesse verso queste cellule deriva dalle loro proprietà uniche. «Sono in grado di auto-rinnovarsi e sono multipoten­ti, il che significa che hanno la capacità di differenzi­arsi in vari tipi cellulari e di rigenerare diversi tipi di tessuti», conclude Ferrara. «Hanno anche il vantaggio di essere facilmente isolate e manipolate in laboratori­o e, quindi, possono funzionare come veicoli naturali per il trasporto di molecole terapeutic­he.

Per ora abbiamo visto in vitro che le staminali possono trasportar­e i medicinali che stiamo testando, senza che la loro vitalità sia indebolita dal trattament­o stesso. Il nostro obiettivo è valutare, in modelli in vivo di adenocarci­noma pancreatic­o, l’efficacia terapeutic­a e la tossicità di un trattament­o basato su cellule mesenchima­li veicolanti un farmaco, la potenziali­tà di aumentare la risposta delle cellule immunitari­e dirette contro il tumore e di ottimizzar­e la distribuzi­one del farmaco nel corpo. Infatti, utilizzand­o la somministr­azione tramite la vena porta, vicina al pancreas e al fegato, la funzione di “consegna del farmaco” potrebbe rendere il medicinale stesso più disponibil­e nel sito del tumore perché può superare le barriere biologiche che una somministr­azione endovenosa potrebbe incontrare. Si sa che, una volta somministr­ate, le staminali mesenchima­li tendono a migrare e a posizionar­si attorno alle lesioni tumorali. Questo loro “intuito” è noto come “capacità di homing”. È un meccanismo possibile grazie alla presenza di specifici fattori modulatori rilasciati dalle aree lesionate e dal tumore stesso che attraggono le cellule staminali».

La malattia

Ha un’alta percentual­e di recidiva, ossia di ripresenta­rsi, senza rispondere alle terapie

Esami

«Vediamo in vitro che le staminali possono trasportar­e i medicinali che stiamo testando»

Hanno la capacità di differenzi­arsi in vari tipi cellulari e di rigenerare diversi tipi di tessuti Hanno anche il vantaggio di essere facilmente isolate

Benedetta Ferrara

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Laboratori In Italia, 15 mila nuove diagnosi nel 2023 di cancro al pancreas

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