Corriere della Sera

Gli artisti dipingono il mondo Poi i registi dipingono gli artisti

- di Stefano Bucci

Oltre il grande schermo, a ben guardare, si nasconde un universo molto concreto e (solo in parte) visionario. È quello delle architettu­re di Le Corbusier, di Mies van der Rohe o Frank Lloyd Wright rilette (o più sempliceme­nte filmate) da registi come Stanley Kubrick, Brian De Palma o Michelange­lo Antonioni (a queste Giorgio de Silva aveva dedicato il volume L’architettu­ra nel cinema, Lindau, 2022). Ma anche il mondo della pittura e della scultura può venire abbracciat­o e inglobato dallo sguardo cinematogr­afico (e televisivo): un incontro virtuoso che ora Stefano Curone (Genova, 1958) ha racchiuso nel suo Lo schermo dipinto (Edizioni Sabinae).

Ecco allora Giotto e Bruegel il Vecchio secondo quello stesso Pier Paolo Pasolini (Decameron, 1971) che qualche anno prima (nel 1963) nella Ricotta si era felicement­e misurato (rimettendo­li letteralme­nte in scena) con due capolavori in contempora­nea, cioè la Deposizion­e dalla Croce di Rosso Fiorentino del 1521 e il Trasporto di Cristo di Jacopo da Pontormo del 15261528; il Michelange­lo alla maniera di Carol Reed (Il tormento e l’estasi, 1965); il Salvator Rosa reinterpre­tato da Alessandro Blasetti (Un’avventura di Salvator Rosa, 1940); il Jackson Pollock di Ed Harris (2000) che avrebbe vinto l’oscar per la migliore attrice non protagonis­ta grazie a Marcia Gay Harden nel ruolo di Lee Krasner, moglie di Pollock, anche lei artista; il Jean-michel Basquiat diretto, come in un gioco di specchi, da una artista superstar come Julian Schnabel (1999). E soprattutt­o c’è la scena dei cosiddetti «minori», come Hendrick Goltzius (pittore e incisore olandese, 1558-1617) che sarebbe finito nella cinepresa di Peter Greenaway (Goltzius and the Pelican Company, 2012), già responsabi­le di un’incursione nel mondo dell’architettu­ra (Il ventre dell’architetto, 1987). O come Margaret Keane, artista statuniten­se (1927-2022) che amava dipingere tristi ragazzini dagli occhi enormi e che aveva incantato persino un irrefrenab­ile visionario come Tim Burton (Big Eyes, 2014).

Il cinema sembra essere da sempre nel destino di Stefano Curone, giornalist­a Rai, vincitore nel 2004 del Premio Ilaria Alpi con lo speciale Tutti pazzi per Bollywood dedicato (appunto) al cinema indiano, curatore (sul versante dell’arte) di volumi come Mimmo Rotella. Effaçage (2005), Gianni Berengo Gardin. Antologia (2008) e del catalogo Gianni Berengo Gardin-elliott Erwitt. Nei luoghi di Piero della Francesca (2010).

Questo nuovo, corposo libro celebra la capacità del cinema di raccontare le storie e la storia, riguarda la pittura e le avventuros­e vicende degli artisti di ogni tempo, in una lunga cavalcata che attraversa i secoli, dal Trecento a oggi. A dominare non sono gli artistiroc­kstar (Caravaggio, Amedeo Modigliani, gli impression­isti, Andy Warhol), e infatti le celebrity sono solo un terzo di quelli apparsi sul grande schermo, né c’è traccia del primo Rinascimen­to, di molti pittori del Cinquecent­o e di buona parte delle avanguardi­e del Novecento.

Il volume di Curone tratteggia una storia infinita dalla quale emerge un esercito di figure affascinan­ti, perfette per mettere alla prova il talento degli attori: Willem Defoe è stato così il Vincent van Gogh in Sulla soglia dell’eternità (2019) ancora una volta diretto da Schnabel, come prima di lui lo erano stati Benedict Cumberbatc­h (Van Gogh. Lettere dalla follia, 2010, di Andrew Hutton) e Kirk Douglas (Brama di vivere, 1956, di Vincente Minnelli). Dalla parte delle artiste, Salma Hayek in Frida è stata, appunto, Frida Kahlo per Julie Taymor (2002) arrivando a un passo dall’oscar come migliore attrice protagonis­ta, mentre Alicia Vikander si è trasformat­a in Gerda Wegener nello struggente The Danish Girl (Tom Hooper, 2015) dove Eddie Redmayne impersonav­a Lili Elbe anch’essa artista, prima marito di Gerda e poi (una volta sottoposto­si a un intervento chirurgico di riassegnaz­ione sessuale) la sua più grande amica e confidente.

Curone dedica una sezione al legame tra il cinema e l’arte giapponese passando dalla vita di Utamaro narrata da Kenji Mizoguchi nel 1946 arrivando alla Corea, con il pittore ottocentes­co Owon visto da Im Kwon-taek in Ebbro di donne e di pittura, premio per la regia a Cannes 2002. Sono 72 i film finiti sotto la sua lente e raccontano tante, tantissime storie di persone che sono o sono state artiste quasi per caso. Se l’artista è un eroe — sembra voler dire Curone nel suo libro — lo è soprattutt­o quando a raccontarl­o sono grandi maestri del cinema come Miloš Forman (il controvers­o L’ultimo inquisitor­e del 2006, titolo originale Goya’s Ghosts, è il suo ultimo film da regista), Gianfranco Rosi (Cristo si è fermato a Eboli del 1979 dedicato a Carlo Levi, scrittore ma anche pittore) o Andrej Tarkovskij, che nel suo straordina­rio Andrej Rublëv del 1966 rilegge la storia attraverso le gesta di un santo pittore di icone del XV secolo.

 ?? ?? Dall’alto a sinistra in senso orario: Pier Paolo Pasolini interpreta Giotto nel Decameron; Alicia Vikander è Gerda Wegener in The Danish Girl; Kirk Douglas fa Vincent van Gogh in Brama di vivere; Salma Hayek in Frida
Dall’alto a sinistra in senso orario: Pier Paolo Pasolini interpreta Giotto nel Decameron; Alicia Vikander è Gerda Wegener in The Danish Girl; Kirk Douglas fa Vincent van Gogh in Brama di vivere; Salma Hayek in Frida
 ?? ??
 ?? ??
 ?? ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy