Corriere della Sera

Emma Stone: sono femminista e sul set uso il corpo senza tabù

«Non mi piace lanciare proclami ma lavoro anche per una vera uguaglianz­a»

- da uno dei nostri inviati Stefania Ulivi

CANNES «Yorgos Lanthimos è il regista con cui in assoluto mi trovo più a mio agio, diretta da lui posso fare qualunque cosa. Mi fido di lui più di qualunque altro autore con cui abbia lavorato. Mi chiedete se sono la sua musa? Veramente lui è la mia musa». Scherza ma non troppo Emma Stone parlando con la stampa di Kind of Kindness, all’indomani della proiezione ufficiale del concorso. Tra le curiosità che animano questa edizione di Cannes 77 — molto nel segno degli attori quanto la precedente lo sia stata in quello degli autori —, c’è la natura del legame artistico che lega il regista greco, appena tornato a vivere nella sua Atene, dopo i quattro Oscar vinti per Povere creature e l’attrice che sembrava destinata a incarnare, dopo la Gwen Stacy di The Amazing Spider-man e La la land a incarnare una versione contempora­nea della fidanzatin­a d’america. Invece proprio l’incontro con Lanthimos — con il ruolo della baronessa Abigail Masham, pronta a tutto, anche a diventarne l’amante e assecondar­ne i capricci, per diventare la favorita della Regina Anna, l’ultima Stuart — le ha cambiato la carriera. «Abbiamo la stessa visione, lo stesso senso dell’umorismo. E la stessa idea dell’importanza della fisicità nella recitazion­e. Bella Baxter, ruolo che non avrei mai voluto lasciare andare, si esprime prima di tutto con il corpo. Mi sembra naturale. Come attrice. E come persona».

Si stupisce che qualcuno lo trovi contraddit­orio con il suo essere femminista. «Certo, sono femminista. Non sento il bisogno di lanciare messaggi ma come tanti, faccio del mio meglio per migliorare le condizioni per le donne, lavoro per una vera uguaglianz­a». Come dire: dov’è il problema?

Anzi rilancia, visto che al Marchais è appena stata annunciata la loro nuova collaboraz­ione — la quinta dopo La favorita, Povere creature, il cortometra­ggio Bleat, questo Kind of Kindness, in sala dal 6 giugno con Disney — , al fianco di Jesse Plemons entrato con tutti gli onori nella squadra del regista («Una specie di compagnia teatrale», dice Dafoe). Si tratta di Bugonia, atteso per il 2025, remake di un classico sudcoreano, Save the Green Planet, su due cospirazio­nisti che rapiscono la Ceo di una multinazio­nale convinti che sia un’aliena pronta a distrugger­e la Terra.

Un invito a nozze per la premiatiss­ima coppia Yorgos & Emily (il nome di battesimo con cui ama essere chiamata Emma Stone), sempre pronta a spostare l’asticella un po’ più in là. Se in Povere creature a tenere banco era la legge del desiderio di Bella Baxter, inesausta esploratri­ce dei misteri della sessualità femminile in mezzo a maschi del tutto inadeguati a tenerle testa, in Kind of kindness, Stone arriva, in uno dei tre episodi, letteralme­nte a darsi in pasto al marito in stato confusiona­le.

Si fa in tre ruoli diversi (nel film in gara a Cannes) tenuti insieme, spiega dall’equilibrio «fra il desiderio di essere amati, accettati e controllat­i, e anche la voglia di essere liberi e in controllo di se stessi».

Libertà e controllo (ha una sua casa di produzione) che lei si è assicurata grazie allo status di star. E al gusto per progetti fuori dagli schemi, anche da produttric­e. Come ha fatto con la serie Curse con i fratelli Safdie, e sta per fare con Eddington, una commedia nera western firmata dal nuovo campione dell’horror Usa, Ari Aster. In attesa di un ulteriore Lanthimos.

I ruoli

«Dopo il personaggi­o di “Povere creature” per Lanthimos posso fare qualsiasi cosa»

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In posa Emma Stone ieri sulla Croisette prima dell’incontro con la stampa

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