Corriere della Sera

UNA CITTÀ SOSPESA NELLA MERAVIGLIA

PUPAZZI, NOTE: È LA FESTA DELLO STUPORE

- Di Giovanni Montanaro

Ognuno lo sa che cos’è la meraviglia, e dove potrebbe andare a trovarla. Anche in questo momento. Non è difficile. Basterebbe divinare il volto di quell’amico a cui non scriviamo da tempo, che si aspetta una sorpresa che non gli facciamo, che dobbiamo ancora risolvere qualcosa. O invece alzarsi, camminare, lasciare le cose che stiamo facendo, e quando ci avvicinere­mo al tramonto, lasciarsi un poco andare, fino a quel posto all’arco della Pace in cui, all’improvviso, si vede il sole tutto intero.

Andare, magari, al parco, a Milano, alla Biblioteca degli Alberi a Portanuova, a vedere Bam Circus, i giocolieri, che subito ti spiazza, ti fa vedere le cose tutte diverse, che c’entra e non c’entra, con quel che fai tutti i giorni, e poi i salti mortali, e gli artisti e gli occhi spalancati dei bambini, e qualche volta una lacrima che sguscia, e un pupazzo di otto metri, Mo e il nastro rosso, che racconta le tragiche avventure dei profughi, e poi lingue diverse che tanto non servono, perché abbiamo tutti le mani, le gambe, gli sguardi, e così persone di ogni paese che riescono però a parlarsi, e qualcuno sospeso a decine di metri da terra, o lanciare delle palle in aria, e vedere, e riprenders­i, e far vivere, in qualche modo, di nuovo, tutta una città. Quanto è diverso, farlo tutti insieme. E poi Congo Massa, la giungla nel parco. Milano, certo, presa dai suoi ritmi, dalle sue virtù. Ma proprio il senso, in fondo, che una città possa trovare, tutta insieme, all’improvviso, un poco di meraviglia. Naso in su ed ecco un Quadro enorme issato nel cielo, palcosceni­co di uno spettacolo di danza aerea.

O anche solo rileggersi qualcosa, prendere nella libreria quel libro azzurro a cui avevamo fatto un’orecchia, tanto tempo fa e ricordarsi, magari, dove eravamo, e con chi. Ascoltare una vecchia canzone degli U2, magari One, per i nostalgici, ma con la testa senza pensieri, che ogni tanto basta sceglierlo. Basterebbe così poco, perché non è neanche tanto rallentare, fermarsi del tutto, cambiar vita, stravolger­ci, ma la meraviglia è anche solo un momento, un caso, che poi basta, anche nel mezzo di tanti altri affanni, dei conti, delle fatture, del lavoro, delle mail, dei messaggi a cui rispondere. Ognuno ha la sua meraviglia. Anche se in fondo, io penso, spesso le meraviglie poi son simili, universali. Inaspettat­e.

Un viaggio che stiamo immaginand­o ancor prima di farlo, e poi sarà così, una serata allegra che si trascina chissà perché fino all’alba, guardarsi negli occhi e pensare che sì, forse abbiamo finalmente trovato una persona che ha cura di noi, ma anche una cena con qualcuno in cui ci pare di ritrovarci, di capire qualcosa di più. La natura, certo, più di tutto, quella sua dura immensità, quel senso che riparte sempre, che alla fine è più grande di noi. Quel momento in cui si infuria, magari, ed è una meraviglia diversa, cattiva, che piove che pare che non smetterà più, e l’acqua è dappertutt­o, e poi invece smette, e c’è un poco un profumo, che siamo ancora qui, e cosa sono le gocce che restano dopo i temporali, e poi se ne vanno.

Alzare gli occhi al cielo, ogni tanto, e domandarsi, perché di tutta questa meraviglia. E poi le cose che fanno gli uomini, ogni tanto, ma spesso, anche solo un ponte, o un negozio nuovo che quando ci entri trovi una lampada blu che ti cambia una stanza. E le persone, soprattutt­o, quelle che si incontrano, la prima volta, che ti dicono una cosa che prima non pensavi, ti fanno cambiare un’idea.

Quelle che si ritrovano.

Sappiamo ancora stupirci? Io penso di sì. È che spesso ce ne dimentichi­amo, certo, o solo non ci facciamo caso, e poi il punto è che spesso sappiamo stupirci da soli, o in pochi, e invece quanto è diverso, quanto è più forte, riuscire ancora a stupirsi in tanti, insieme. Stupirci, tutti insieme. Una città intera, sospesa nello stupore. Con tante persone che non hai mai visto, che non sai chi sono, che magari ci parli, ci scambi il numero, o solo ci sei stato, vicino, e hai condiviso qualcosa, e significa lo stesso, per te e per l’altro.

"Pupazzo

Un pupazzo di otto metri, Mo e il nastro rosso, racconta le tragiche avventure dei profughi

"Relazioni

Quanto è diverso, quanto è più forte, riuscire ancora a stupirsi in tanti, tutti insieme, vicini

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 ?? ?? Lo spettacolo serale Sabato 25 alle 21.15, per la prima italiana di «Mo e il nastro rosso» della compagnia francese Cie L’homme Debout
Lo spettacolo serale Sabato 25 alle 21.15, per la prima italiana di «Mo e il nastro rosso» della compagnia francese Cie L’homme Debout

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