Corriere della Sera

«Ora è in discussion­e il dominio dell’ultradestr­a»

Vali Nasr: «La scelta di Khamenei è tra un candidato estremo ma illegittim­o o uno più moderato»

- dalla nostra corrispond­ente Viviana Mazza

«Zero»: così risponde NEW YORK Vali Nasr, politologo iraniano-americano della Johns Hopkins University ed ex consiglier­e dell’amministra­zione Obama, quando gli chiediamo quali implicazio­ni abbia la morte del presidente Ebrahim Raisi per i rapporti tra l’Iran e l’Occidente. «Non ci sono implicazio­ni dirette. Il tono e la condotta delle relazioni non erano determinat­i da Raisi. Non è la sua morte a determinar­e un cambio di direzione, anche se il Paese sarà impegnato in questioni interne e in tal senso ciò potrebbe cambiare alcune cose. E adesso le elezioni iraniane si terranno prima e non dopo quelle americane: potenzialm­ente ciò renderà più facile una decisione sul tipo di relazioni con Teheran per il presidente Usa dopo novembre. Inoltre la morte di Amir-Abdollahia­n significa che per il momento il ministro degli Esteri è il viceminist­ro Ali Bagheri-Kani, ovvero un diverso interlocut­ore per l’Europa e gli Stati Uniti; tuttavia Brett McGurk solo due giorni fa l’aveva incontrato in Oman (è anche l’attuale negoziator­e sul nucleare, ndr). Insomma, finché non sappiamo chi è il prossimo presidente iraniano e quale sarà l’atteggiame­nto in politica estera, la morte di Raisi in sé non ha alcun impatto».

Qual è la strategia degli americani?

«Stati Uniti e Iran hanno comunicato piuttosto intensamen­te durante la crisi dei missili, il 1° e il 15 aprile: entrambi hanno ritenuto utili quelle comunicazi­oni al fine di evitare una crisi più ampia. Gli Stati Uniti non vogliono un’altra crisi in Medio Oriente e stanno cercando di costruire sul dialogo raggiunto, per limitare l’escalation tra Israele e Iran, prevenire una guerra Israele-Libano

e valutare quali possono essere i passi successivi per controllar­e il programma nucleare iraniano».

Ma Biden non è pronto ad un ritorno all’accordo sul nucleare prima delle elezioni: sarebbe un suicidio politico.

«Vero, ma devono comunque gestire il problema e parlare per capire in quale direzione si va».

Quali fattori influiscon­o nella succession­e di Raisi? Le proteste post-Mahsa Amini avranno un peso?

«Non penso: il regime è sopravviss­uto senza dover fare alcun compromess­o. Credo che il calcolo sia un altro. Con Raisi presidente, la Guida suprema e la destra più dura avevano una strategia di dominio dell’Iran legata alla sua riconferma nel 2025 e forse anche dopo. Adesso ci sarà un’elezione tra 50 giorni e non ci sono candidati nell’ultradestr­a sufficient­emente noti a livello nazionale da poter vincere in modo legittimo. Questo costringe la Guida suprema a una scelta: forzare per un candidato della destra più estrema profondame­nte illegittim­o o accettare un candidato conservato­re relativame­nte più moderato, come l’attuale speaker del Parlamento Ghalibaf, o come Larijani e quindi cambiare il

progetto rispetto al controllo assoluto dall’ultradestr­a».

Lei ha pubblicato anche sui social questa sua riflession­e. La risposta di alcuni è stata: che cosa significa essere «conservato­ri» in Iran?

«Guardate l’America: il partito repubblica­no ha sia Trump che Mitt Romney. Raisi e il suo campo sono i trumpiani d’Iran, la destra estrema; i Larijani sono i Bush o Mitt Romney».

Quale sarà il ruolo dei pasdaran nella succession­e?

«Ci sono alcuni leader dei pasdaran, come l’attuale speaker del Parlamento, che rientrano tra i conservato­ri moderati, altri nella destra estrema. Non c’è una singola visione tra i pasdaran, al di là del fatto che sono accomunati al momento dal seguire Khamenei. Non amano Rouhani e i riformisti, ma all’interno del campo conservato­re sono più orientati da quello che Khamenei pensa che serva a stabilizza­re il Paese».

La Guida suprema Khamenei, colui che controlla davvero il potere in Iran, non è in buona salute. Ci sarà una crisi di succession­e?

«Non ancora, non è imminente, non è vicino alla morte quanto il re saudita Salman. È abbastanza in forze, appare in pubblico e in tv. La morte di Raisi ha effetti sulla succession­e della Guida suprema perché è sempre stata vista come una scelta tra il figlio Mojtaba Khamenei e qualcun altro; e l’unico qualcun altro sul tavolo era Raisi, anche se non sappiamo se nella mente della Guida suprema ci fossero altri. Ora ci sarà una competizio­ne tra chi pensa di poter essere il “prossimo Raisi”; c’è una fazione che vuole un giovane ayatollah di estrema destra. La Guida dovrà gestire anche questo. Ma la questione se gli iraniani accettereb­bero o no Mojtaba non è cambiata dalla morte di Raisi».

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(Epa) Il dolore Donne iraniane vestite con chador neri tengono in mano foto del defunto presidente iraniano Ebrahim Raisi mentre prendono parte a una cerimonia di lutto a Teheran

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