«Ricorso fondato» Ora Assange potrà opporsi all’estradizione
Dai giudici inglesi una chance per l’attivista
I suoi avvocati si sono abbracciati in aula mentre la moglie Stella Moris parlava di «una decisione giusta». La notizia era attesa e rappresenta una svolta per la vicenda giudiziaria che riguarda il fondatore di WikiLeaks. Julian Assange potrà presentare un nuovo ricorso contro l’estradizione negli Stati Uniti. A stabilirlo ieri l’Alta Corte britannica che scongiura così la possibilità che l’attivista australiano venga consegnato alla giustizia statunitense.
Assange si è opposto all’estradizione dal Regno Unito per più di un decennio, dopo che la piattaforma WikiLeaks ha pubblicato migliaia di documenti statunitensi riservati nel 2010 e nel 2011. Assange, che attualmente si trova nella prigione di massima sicurezza di Belmarsh, avrà ora un certo numero di mesi per preparare il suo appello. La difesa del fondatore di WikiLeaks contesta che i tribunali statunitensi possano garantirgli un processo equo e che proteggano la sua libertà di parola, in quanto le sue rivelazioni hanno fatto emergere crimini di guerra commessi dal governo Usa. D’altro canto, i pubblici ministeri americani affermano che le rivelazioni dell’attivista hanno messo in pericolo vite umane.
I sostenitori di Assange hanno esultato quando la notizia della decisione è filtrata fuori dall’aula del tribunale. Gli Stati Uniti, dove Assange è stato incriminato con 17 accuse di spionaggio e rischia un massimo di 175 anni di prigione, avevano chiesto l’estradizione dopo la pubblicazione di migliaia di documenti classificati in quella che il Dipartimento di Giustizia Usa ha descritto come la più grande fuga di notizie riservate della storia americana. L’allora ministro degli Interni britannico Priti Patel firmò l’ordine di estradizione di Assange nel 2022, ma nel febbraio 2024 i legali del fondatore di WikiLeaks hanno avviato la procedura per richiedere la possibilità di ricorrere in appello.
Assange non era in tribunale per motivi di salute, ha detto il suo team legale, ma tra i presenti c’erano sua moglie Stella e suo padre John Shipton. Kristinn Hrafnsson, caporedattore di WikiLeaks, ha dichiarato che c’è «finalmente un barlume di speranza» per Assange e che spetterà ai suoi avvocati decidere se premere anche per il suo rilascio su cauzione.
A fine marzo il Wall Street Journal ha fatto trapelare la notizia di un accordo con il dipartimento di Giustizia statufatto nitense che permetterebbe ad Assange di tornare libero e risparmierebbe all’amministrazione Biden l’imbarazzo di trovarsi alle prese con una questione scomoda. Secondo l’accordo, il fondatore di WikiLeaks dovrebbe dichiararsi colpevole di un’accusa ridotta, ossia di cattiva gestione di informazioni riservate, passaggio che potrebbe essere da Assange senza mettere piede negli Stati Uniti. Il tempo trascorso dietro le sbarre a Londra — cinque anni — conterebbe oltretutto ai fini di qualsiasi condanna negli Stati Uniti, e permetterebbe all’attivista di lasciare la prigione senza timore di essere nuovamente arrestato.