Corriere della Sera

Ufficiale firma il viso a una carabinier­a L’Arma gli toglie tesserino e pistola

Modena, l’episodio di bullismo fotografat­o da un collega e denunciato ai superiori

- Di Alfio Sciacca

Lei è una carabinier­a di 21 anni, in ferma volontaria presso una compagnia nel Modenese. Ciò vuol dire che solo alla fine dei quattro anni di ferma saprà se potrà restare stabilment­e nell’Arma. Un soggetto debole, sul quale un capitano avrebbe esercitato quello che i sindacati definiscon­o «un atto di prevaricaz­ione». Al rientro in caserma, quando il superiore prende atto di un servizio appena svolto mette il visto. In questo caso invece di farlo su un modulo si è avvicinato alla carabinier­a e, con una biro, le ha scritto in fronte: «Visto. Il capitano».

Gesto gratuito e inaspettat­o che ha lasciato senza parole la carabinier­a. Considerat­a la sproporzio­ne gerarchica avrebbe anche potuto far finta di nulla e pensare al suo futuro. Ma la 21enne, e con lei un altro giovane collega, hanno ritenuto inaccettab­ile l’umiliazion­e. A quanto pare, infatti, sarebbe stata lei stessa a chiedere al collega di farle una foto con il cellulare, poi circolata anche in una chat interna. Non solo. I due giovani militari ne hanno parlato con il loro diretto superiore, un maresciall­o, che a sua volta ha informato la linea gerarchica, fino al comando provincial­e di Modena. Risultato: il capitano è stato «invitato» a consegnare pistola e tesserino e messo a riposo per due settimane. Formalment­e non è ancora una sospension­e, ma una procedura tipicament­e militare. Anche se collegata alle condizioni di forte stress che sta vivendo l’ufficiale.

L’episodio risale al 14 maggio scorso e l’indagine interna all’Arma è scattata immediatam­ente. Una seconda inchiesta potrebbe essere avviata pure dalla Procura di Modena, anche se al momento non ci sarebbe ancora una denuncia della parte offesa. L’ufficiale dei carabinier­i, 33 anni, in precedenza ha lavorato in Campania e in Sicilia e ora si è affidato a un legale che, in questa fase, non entra nel merito delle accuse. «Nelle sedi opportune — spiega in una nota l’avvocato Luca Camaggi — ci sarà modo di offrire una ricostruzi­one veritiera dell’episodio, da non potersi certo ricondurre a gesti ridicolizz­anti o offensivi della collega del comandante».

Ma per i sindacati l’episodio «è gravissimo». «Una cosa inaudita e senza precedenti, che provoca un discredito irreparabi­le per l’Arma dei carabinier­i», afferma Antonio Loparco, segretario provincial­e di Unarma che si dice pronta a costituirs­i parte civile. «Il presunto gesto di prevaricaz­ione — aggiunge — è inaccettab­ile perché contraddic­e gli standard di comportame­nto, profession­ale e umano, che ci aspettiamo da tutti i membri dell’Arma».

Il segretario nazionale di Usmia carabinier­i, Alfonso Montalbano, evidenzia invece l’aspetto positivo che, paradossal­mente, viene fuori da questa storia. «A fronte di un brutto episodio l’Arma ha dimostrato di avere i giusti anticorpi per reagire, e questi sono interpreta­ti da due giovani colleghi. La vera storia è il loro coraggio: anche davanti a un alto ufficiale non hanno esitato. Questo è quello che ci insegnano quotidiana­mente nell’Arma. Da evidenziar­e che anche la scala gerarchica ha reagito tempestiva­mente».

Ma Unarma inserisce la vicenda di Modena in un contesto più ampio. «L’ufficiale coinvolto in questa storia è stato anche istruttore alla scuola maresciall­i di Firenze, recentemen­te sotto i riflettori per una serie di eventi tragici come il suicidio della giovane carabinier­a Beatrice Belcuore, e per comportame­nti rigidi e inappropri­ati. Ciò solleva interrogat­ivi sulla forma mentis degli istruttori, su pratiche e cultura all’interno delle nostre istituzion­i formative».

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