Corriere della Sera

«Salvare i bambini? È un investimen­to: si può, basta volerlo»

Daniela Fatarella, direttrice generale di Save the Children Italia e la Biennale dei diritti dell’infanzia A Roma 30 e 31 maggio col titolo ImPossibil­e: «Servono tre cose: volontà, conoscenza, risorse»

- di Paolo Foschini

Una tra le schizofren­ie che forse più di tutte le altre fotografa il mondo di oggi è quella che riguarda i bambini: «In Italia ce ne sono 1,3 milioni in stato di povertà assoluta, cioè quasi uno su sei, e allo stesso tempo ne nascono sempre meno col risultato che il Paese diventa sempre più vecchio aggiungend­o al dramma dei più giovani anche quello degli anziani; mentre l’Africa, dove l’età media è 19 anni contro i 44 del continente europeo, avrebbe in sé un potenziale formidabil­e che però è compresso dalle disuguagli­anze, dall’instabilit­à politica, dalle guerre, dalla fame , dal mancato accesso all’educazione. Il denominato­re comune? È che per cambiare le cose bisogna partire dai bambini. Rovesciand­o la prospettiv­a: non si tratta di aiutarli, ma di investirci. Niente bambini, niente futuro per nessuno. È molto semplice. Si può. Si tratta solo di volerlo». Daniela Fatarella è direttrice generale di Save the Children Italia. E sono queste le parole con cui con dopo aver portato il tema dei diritti per i minori alla Milano Civil Week introdotta dal presidente Mattarella lancia ora la Biennale dei diritti dell’infanzia in programma a Roma il 30 e 31 maggio con il titolo «ImPossibil­e 2024».

Come impossibil­e?

«Naturalmen­te è una provocazio­ne. Che riprende quanto diceva oltre un secolo fa Eglantyne Jebb, la nostra fondatrice: salvare i bambini del mondo è impossibil­e solo se ci rifiutiamo. In realtà per riuscirci servono solo tre cose: volerlo fare, sapere cosa, i soldi per farlo. Volontà, conoscenze, risorse».

Questa è la seconda edizione. Obiettivo?

«Pensarla come Biennale, quindi appuntamen­to stabile e ricorrente, significa avere in mente uno scopo centrale protratto nel tempo. Che è quello di riportare le bambine, i bambini e i giovani al centro delle politiche globali e nazionali. Ma il filo conduttore specifico di questa edizione è “Ripartire dalla fiducia”, che è un bene oggi molto a rischio pur essendo il patrimonio fondamenta­le per reagire alle tantissime paure seminate nel mondo e per coltivare le tante opportunit­à presenti».

Come si fa a promuovere la fiducia oggi?

«Con atti concreti. La fiducia e i giovani sono un investimen­to. E questo si fa coinvolgen­doli, dando loro spazi di partecipaz­ione alle decisioni e ai progetti. L’approccio al cambiament­o deve essere condiviso: istituzion­i, profit, non profit. E giovani in prima persona. È così che noi operiamo. E per questo organizzaz­ioni come la nostra possono rappresent­are un modello».

Quali sono nello specifico i temi di Roma?

«Italia il 30 maggio, Africa il 31. Presentere­mo una ricerca inedita su un campione di 15-16enni, che contiene due elementi: quanto la povertà in Italia pesa sulle aspirazion­i dei giovani, con una incidenza che in pochi anni è passata dal 6,2 all’8,5 per cento, e quanta consapevol­ezza hanno loro su quel che li aspetta. Le disuguagli­anze non sono solo tra nord e sud ma,sempre più, tra centro e periferie. A parlarne, oltre al nostro presidente Claudio Tesauro, interverrà la ministra del Lavoro e delle politiche sociali Marina Calderone».

E l’Africa?

«È il focus della seconda mattinata. A due settimane dal G7 presieduto dall’Italia discuterem­o del Piano Mattei, per una collaboraz­ione paritetica e non predatoria, soprattutt­o alla luce delle tante esperienze imprendito­riali e di buone pratiche finora tenute ai margini ma che, se sostenute, sono un volano di crescita enorme. Ci saranno tra gli altri i ministri di Sierra Leone e Costa d’Avorio, rappresent­anti di istituzion­i pubbliche e partner privati. E poi i workshop, per noi molto importanti».

Su quali punti?

«Il protagonis­mo diretto dei giovani; i bambini e l’informazio­ne, anche qui da protagonis­ti e non semplici spettatori; l’intelligen­za artificial­e sul fronte dell’innovazion­e sociale; l’inclusione dei migranti in Italia».

Come uscire dalla logica del “noi” e “loro”, quando si parla di giovani in Italia e in Africa?

«Basta chiamarli ragazzi. E dare loro la possibilit­à di realizzars­i. Dovunque siano».

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Un momento di attività di Save the Children

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