Corriere della Sera

Europa sociale, la via è aperta

Salario minimo, lotta alla povertà e diritti: a passo lento per realizzare il «Pilastro» Stati impegnati per gli obiettivi del 2030 Ferrera: «L’indicazion­e politica è chiara» Il banco di prova del futuro Parlamento

- di Giulio Sensi

Gli obiettivi sono grandi, i passi avanti degli Stati membri ancora piccoli e lenti. Il Pilastro dei diritti sociali proclamato dal Parlamento, dal Consiglio e dalla Commission­e ha segnato nel 2017 un punto di svolta nelle politiche dell’Unione europea. Afferma i diritti nel campo del welfare e vuole ridurre le diseguagli­anze con nuovi provvedime­nti Ue, anche legislativ­i. La Conferenza di Porto del 2021 ha definito l’Agenda per dare consistenz­a al Pilastro e stabilito alcuni macro obiettivi per il 2030. Ora il tema si è affacciato anche nel dibattito sulle elezioni europee dell’8 e 9 giugno. Il lavoro spetta agli Stati: sono loro a dover trasporre le direttive per realizzare le raccomanda­zioni.

«Il Pilastro europeo - spiega Maurizio Ferrera, docente di Scienza politica all’Università di Milano e advisor scientific­o del Laboratori­o Percorsi di secondo welfare - marca un po’ la svolta nell’orientamen­to sulle tematiche sociali. Sono venti principi espressi sotto forma di doveri o di aspirazion­i, ma il suo valore è politico e non legale». La Commission­e europea (Ce) guidata da Ursula von der Leyen ha però adottato un ambizioso piano per l’attuazione del Pilastro, con direttive e regolament­i vincolanti, raccomanda­zioni, non vincolanti, e contributi finanziari. Le competenze della Ue in ambito sociale sono limitate. Ma le direttive approvate toccano questioni importanti come la conciliazi­one vita lavoro, il salario minimo, i lavoratori su piattaform­a. Mentre le raccomanda­zioni hanno riguardato il reddito minimo garantito, la non autosuffic­ienza, l’eguaglianz­a di genere, il diritto all’abitazione, la nuova garanzia giovani, la lotta alla povertà, anche minorile ed educativa.

«Prendiamo il reddito minimo. La raccomanda­zione non entra nello specifico - aggiunge Ferrera - ma esorta i Paesi a riformare i loro schemi nazionali su criteri di carattere generale». Dopo la riforma del reddito di cittadinan­za l’Italia è negligente perché non conforme in pieno a quanto previsto dalla raccomanda­zione Ue. Ma non sempre chi vive al di sotto della soglia di reddito dignitoso ha gli strumenti e le informazio­ni per avere diritto ad alcuni servizi pur previsti a livello locale. E Ferrera spiega: «Dipende da molto fattori. Livelli di istruzione non elevati impediscon­o di poter navigare sui siti e avere informazio­ni di base o competenze per accedere». C’è però un problema più generale, come sottolinea Elena Granaglia, docente di Scienza delle finanze al Dipartimen­to di Giurisprud­enza dell’Università Roma Tre. «Il sociale non è solo la dimensione delle politiche, ma riguarda anche come funziona l’economia. Perché è difficile farle se non si governa l’economia e non si diminuisco­no le diseguagli­anze. Dal punto di vista della tassazione siamo indietro. Ma le proposte ci sono, la Commission­e vi lavora da anni. Serve in ogni caso un rafforzame­nto del bilancio europeo per finanziare gli interventi sociali che solo la scala europea può realizzare. Il Parlamento può avere una forte azione di pungolo. Anche se è dirimente, una centralità ce l’hanno il Consiglio e gli accordi fra gli Stati».

«Intanto - riprende Ferrera - l’Ue ha inaugurato e promosso attraverso sostegni materiali e finanziari il coinvolgim­ento delle parti sociali, della società civile e di tutto il Terzo settore». E favorisce il coordiname­nto fra i protagonis­ti dell’economia sociale e dell’innovazion­e attraverso una apposita strategia che integra e rafforza il Pilastro sui diritti sociali. Tra questi c’è Giuseppe Guerini, presidente della Cecop-Cicopa, la confederaz­ione europea delle cooperativ­e. «Molti passi avanti in questi cinque anni sono stati fatti e va riconosciu­to lo sforzo per passare da un approccio che era residuale e di testimonia­nza a una traduzione sul piano concreto».

Vedere subito i risultati sarà difficile, ma sul piano politico c’è stata la proposta di azioni concrete sulla dimensione sociale. «Negli anni precedenti non si erano mai visti così tanti provvedime­nti, consideran­do che la Ce non ha competenze dirette in ambito sociale, che sono circoscrit­te all’occupazion­e. Il riconoscim­ento dell’economia sociale e di prossimità, non solo nell’ambito del Pilastro, ma anche nella strategia industrial­e europea, dà una nuova luce a un ecosistema che muove il 10% del Pil, occupando circa 13 milioni di persone».

Le iniziative

C’è stato un riconoscim­ento dell’economia sociale e di prossimità

La fiscalità

Ora la Commission­e sta invitando gli Stati membri ad adottare iniziative che sostengano gli sforzi fatti, agendo anche sulla fiscalità che è materia di competenza esclusiva degli Stati.

«Se ne sta occupando il Comitato economico e sociale europeo - aggiunge Guerini con un parere sul ruolo della tassazione per favorire lo sviluppo sociale. A luglio sarà pronto da consegnare al nuovo Parlamento e alla Commission­e per incoraggia­re un avanzament­o sul tema della fiscalità».

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