Corriere della Sera

«La mia Tosca avrà lo stile di Edith Piaf»

- V. Cap.

EPuccini a Firenze passeggerà su La Vie en rose. «Tosca» la diva ricorderà Edith Piaf. Ma tutto lo spettacolo è un atto rivoluzion­ario che rovescia l’iconografi­a della tradizione. La sfida più alta, per lo spettacolo di Massimo Popolizio che il 24 debutta al Maggio, sul podio Daniele Gatti, è che i tre luoghi di quest’opera, così caratteriz­zati, Sant’Andrea della Valle, Palazzo Farnese e Castel Sant’Angelo, non ci sono.

L’azione è spostata dal 1800 al 1930. Il riferiment­o visivo è preciso: «Ho pensato a Il conformist­a di Bernardo Bertolucci — dice Popolizio, grande uomo di teatro alla seconda regia lirica — , lì il clima di forte violenza è come mascherata da una certa ambiguità». Gli sgherri di Scarpia che torturano Cavaradoss­i sono poliziotti in borghese, picchiator­i eleganti ma feroci manovrati da figure istituzion­ali, vestiti di nero, il cappello a falde larghe, «potrebbero essere quelli che uccisero Matteotti. Scarpia è un porco mellifluo e patologico, un vero sadico che gode quando Cavaradoss­i urla per le torture, oggi sarebbe Harvey Weinstein, il produttore di Hollywood che metteva le mani addosso alle attrici. Avevo bisogno di una piattaform­a dove i temi dell’opera fossero evidenziat­i. Sopraffazi­one, possesso, sadismo, erotismo sono molto presenti, ancora di più nel dramma di Sardou che ispirò Puccini».

Tosca (Vanessa Goikoetxea) incarna la cantante maledetta: «È infelice, fragile, raffinata, rabbiosa, sensuale come lo era Edith Piaf. Quando è in chiesa con Cavaradoss­i (Piero Pretti), ha i guanti neri, incrocia le gambe e la gonna le va sopra il ginocchio. Si crea quell’erotismo torbido che avevano Stefania Sandrelli e Dominique Sanda nel film di Bertolucci». Tosca non è tanto consapevol­e della crudeltà di Scarpia (Alexey Markov), lei non va nel suo ufficio per ammazzarlo, non c’è premeditaz­ione, la sua è una reazione impulsiva alla violenza che ha visto sull’amato. Non ucciderà Scarpia con il coltello dalla tavola apparecchi­ata, lo sgozza afferrando uno strumento di tortura. E anche dopo è alterata, fuori di testa, lei aveva creduto davvero alla menzogna di Scarpia sul salvacondo­tto. Infine Cavaradoss­i: «È un pittore o un rivoluzion­ario? Per me è un rivoluzion­ario, ma non vuol dire che non ci sarà il quadro che dipinge in chiesa».

«Ho abbandonat­o il barocco romano. C’è molto marmo e travertino dell’Eur. Dietro quella pulizia di forme si annida la violenza. L’ufficio di Scarpia è un’alcova malsana pieno di tappeti con divani di pelle nera. Lui sta mangiando e dietro c’è un grande scaffale con animali impagliati e feti in formalina». Nel primo atto una grande sagrestia; nel terz’atto da una botola si entra in una terrazza. Al posto del plotone d’esecuzione, due guardie offrono una sigaretta a Cavaradoss­i. Di punto in bianco uno dei due tira fuori la pistola e gli spara da dietro.

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Regista Popolizio. A sinistra, Vanessa Goikoetxea (Tosca)

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