Dall’ex Jugoslavia ai dittatori africani Le scommesse di Karim Khan
Il procuratore vuole mostrarsi indipendente
Mi pare inaccettabile che si equipari un governo legittimamente eletto con un’organizzazione terroristica, causa di tutto ciò che sta accadendo Antonio Tajani ministro degli Esteri
Il procuratore Karim Khan ha deciso di scommettere forte. Vuole dimostrare che «nessuno è sopra la legge», come ha detto alla Cnn. Che la Corte penale internazionale è indipendente e imparziale, ed è quindi capace di perseguire i capi di Hamas come pure il premier israeliano Benjamin Netanyahu e il ministro della Difesa Yoav Gallant.
Una equiparazione di fatto tra terroristi islamisti e leader democraticamente eletti che ha suscitato le proteste di Stati Uniti e Italia, ma che nel medio termine potrebbe convincere Israele a cambiare rotta, evitando di diventare definitivamente uno Stato paria; oppure, un azzardo che potrebbe anche ritorcersi contro al suo autore e screditare la Corte dell’aia, che già patisce il fatto di non avere tra i suoi membri Stati Uniti, Russia e Cina, e che potrebbe scadere nell’irrilevanza internazionale se la decisione di Khan restasse un simbolo privo di conseguenze.
Non è la prima volta che Karim Khan sceglie strade poco battute. Nato nel 1970 a Edimburgo, figlio di un dermatologo pachistano e di un’infermiera britannica, Khan fa parte della corrente musulmana riformista Ahmadiyya che è stata cacciata come eretica dal Pakistan. Nei suoi discorsi non esita a usare espressioni tipiche della tradizione islamica, come gli è capitato redigendo il report annuale della Corte penale internazionale del 2022: «Domando ai sopravvissuti di qualsiasi regione del mondo di dare prova di pazienza, ma mi impegno a dire loro sempre la verità pura e semplice, Inshallah». Il che era apparso un po’ irrituale allora, e oggi pone forse qualche problema di neutralità.
Fratello dell’ex deputato conservatore Ahmad Kahn, come lui allievo del prestigioso King’s College di Londra, Karim Khan ha cominciato la sua carriera di giurista come consigliere dei due tribunali internazionali per l’ex Jugoslavia e il Ruanda, e nel marzo 2023 ha fatto parlare di sé per la decisione — finora priva di grandi risultati — di emettere un mandato di arresto contro il presidente russo Vladimir Putin, accusato di crimini di guerra per la deportazione di migliaia di bambini ucraini.
Ma in mezzo a queste prove, il Khan avvocato ha accettato anche molti incarichi controversi, senza paura delle accuse di difendere l’indifendibile. La sua scelta più spregiudicata, peraltro coronata dall’insuccesso, è stata prendere le difese dell’ex dittatore liberiano Charles Taylor, che un tribunale speciale delle Nazioni unite aveva messo sotto processo per il ricorso a bambini soldati, stupri e uccisioni di massa. Gli sforzi di Khan non hanno pagato, Taylor è stato condannato a cinquant’anni di carcere.
Poi Karim Khan ha assicurato la sua consulenza legale a Saïf al-islam, il figlio di Gheddafi, condannato a morte in contumacia in Libia e poi tornato nella scena politica con l’appoggio della milizia russa Wagner.
Ma il vero capolavoro politico-giuridico di Karim Khan è stata la sua assistenza legale a William Ruto, il dittatore e presidente del Kenya. Ruto è stato accusato di massacri che hanno fatto oltre mille morti dopo le elezioni del 2007, ma Karim Khan è riuscito a evitargli una pesante condanna. Ruto si è dimostrato molto riconoscente, perché nel 2021 il nome dell’avvocato britannico è apparso un po’ all’improvviso nella lista dei candidati alla presidenza della Corte penale internazionale.
Karim Khan ha vinto lo scrutinio segreto al secondo turno, battendo rivali di Irlanda, Italia e Spagna, fino a quel momento considerati più solidi di lui, grazie all’appoggio di Ruto e di molti altri Paesi africani convinti dal dittatore kenyano a sostenere il suo ex legale.
Khan ha fama di essere un giurista estremamente preparato, le sue competenze sono fuori discussione. Ma come sempre in questi casi, la sua carriera dipende anche da un’agenda politica, da rapporti di forza che esulano dai tecnicismi legali. Se è arrivato all’aia, è per indagare anche su personalità che non appartengano all’africa o al Global South. Per esempio, su un leader (più o meno) vicino all’occidente come Benjamin Netanyahu.