Corriere della Sera

I GIOVANI DELLA GENERAZION­E ULTIMO SENZA VOTO E SENZA CHIESA

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Caro Aldo,

i ragazzi di cui parla il cantante Ultimo non sono proprio tutti così, apolitici, apartitici, disinteres­sati, pessimisti verso il futuro ecc. Ne conosco diversi, tra questi mia figlia quasi ventenne, il suo fidanzato, i compagni di università, con i quali si parla spesso di politica, di religione un po’ meno, di futuro prossimo e di speranze, di sogni, di progetti. Stessa cosa con il mio figlio dodicenne, con il quale stiamo condividen­do i primi rudimenti di politica, di meccanismi elettorali. Allora dipende sempre più da noi genitori, da come li abbiamo cresciuti e curati, da come li abbiamo avvicinati alla cultura alta e media, a un museo, alle altre culture, agli altri Paesi. Io sono ottimista e non voglio e non devo, proprio per loro, perdere questa positività verso il futuro. Sarò una mosca bianca, ma sono anche felice di esserlo.

Laura Ragni

NCara Laura, on stiamo dando giudizi di valore; stiamo constatand­o quello che accade. La partecipaz­ione al voto e in genere alla vita pubblica da parte dei giovani è bassa. Le prossime Europee lo confermera­nno. Capisco che un partito oggi possa avere poca attrattiva. Ma non è tutto lì. I ragazzi sono abituati a esprimersi attraverso i social; e il social è il massimo della personaliz­zazione, consente di firmare con il proprio nome e il proprio volto (quando non ci si crea un’identità falsa o non ci si appropria di un’identità altrui), e quindi di rendersi immediatam­ente riconoscib­ili. Il voto è il contrario. È anonimo per definizion­e. È una croce su un simbolo. Se lo si rende riconoscib­ile, il voto viene annullato.

L’idea che il voto sia una conquista che per molti italiani delle generazion­i precedenti valeva la vita è del tutto estranea alla mentalità di oggi, e non solo perché tanti sono convinti che avessero torto i partigiani e ragione i «ragazzi di Salò». Nessuno crede più che la politica possa migliorare la propria vita. Nessuno crede che la politica possa affrontare i veri problemi. Nessuno o quasi crede che una persona possa fare qualcosa nell’interesse di qualcuno che non sia se stesso o un suo familiare.

Quanto alla religione, a forza di esorcizzar­e l’idea della morte, non ne abbiamo più paura. Senza la prospettiv­a di vincere la morte e di guadagnars­i la vita eterna, le istituzion­i religiose diventano una forma di volontaria­to, e il sacerdote uno dei mestieri che gli italiani non vogliono più fare.

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