IL VALORE DEL RICORDO
DAVIDE FIANO RACCONTA NONNO NEDO (TRA I SOPRAVVISSUTI DI AUSCHWITZ) «CUSTODIRE LA LEZIONE DEI TESTIMONI»
«Un’esperienza dolorosa, una ferita aperta. Ma un’esperienza che permette di dare a quelle parole asettiche, che hanno mostrato il carattere persecutorio dell’odio antisemita in Italia, la possibilità di diventare parte della coscienza civile, della memoria condivisa. E mantenere alta l’attenzione». Così Davide Fiano, dottorando di Giurisprudenza e attore, nipote di Nedo Fiano, uno degli ultimi sopravvissuti ad Auschwitz e scomparso nel 2020, racconta cosa significa essere chiamato a rileggere il testo delle leggi del 1938, in occasione del disvelamento della targa di ringraziamento a Fondazione Bpm all’ingresso della Stanza della testimonianza adottata nel Memoriale della Shoah di Milano.
Come le è stata raccontata la storia della sua famiglia?
«Inizialmente i miei genitori hanno mediato rispetto a quanto era successo ai nonni. I primi aneddoti sono stati raccontati da papà Emanuele, poi sono arrivati quelli condivisi mentre eravamo a tavola, con loro. Ricordo, ad esempio, il fastidio provato per un pezzo di pane disposto in malo modo, che rappresentava la privazione provata nei campi di sterminio».
Che lezione/eredità le ha lasciato suo nonno Nedo?
«All’inizio il nonno ha raccontato una storia fatta di ricordi personali, persone mancate, rapporti recisi. Poi è arrivata la sua testimonianza pubblica: ho appreso la difficile memoria della Shoah più da cittadino che da nipote, perché all’inizio, quando ero piccolo, ancora non raccontava. Mi ha lasciato una lezione di responsabilità e libertà: non è vero che non si potesse scegliere da che parte stare. Mi ha insegnato, poi, ad avere attenzione rispetto ai segni premonitori del male. Senza mai perdere la speranza, come scelta di vita».
Cosa ricorda di quel numero A 5405 tatuato sul suo braccio?
«Ricordo tutto... dopo un iniziale silenzio assordante, anche i numeri sono stati una chiave simbolica per far entrare i testimoni nel dibattito pubblico. Hanno avuto un’importante e dolorosa funzione di verifica dei fatti».
Chi sono i testimoni oggi?
«I testimoni sono fondamentali per capire e comprendere cos’è stata la Shoah. Non vanno “conservati” in un ambito sacrale o mitico: sono uomini e donne vivi, un documento che deve restare fruibile a noi. La loro testimonianza è un messaggio etico e universale, una guida morale. Ci è chiesto di non disperdere il loro patrimonio di informazioni ed emozioni, e renderlo comprensibile anche oggi».
Cosa significa e perché fare memoria?
«La memoria è un esercizio di coscienza, personale e collettivo: un’attività teorica e pratica che deve formare l’identità di una società e aiutare nel processo di selezione alla base del racconto storico. Dobbiamo avere il coraggio di declinare, con rigore, la memoria e tradurre ciò che è stato in lezioni universali per il presente».
Cosa vuole dire a chi nega la Shoah o utilizza un linguaggio di odio?
«Parliamo di attacchi gravissimi e dolorosi. Il compito più arduo oggi è trovare dei nuovi antidoti perché alcuni fatti non si ripetano. A partire dalla scuola: dobbiamo insegnare a non essere indifferenti. Nessuno di noi deve sentirsi de-responsabilizzato».
Un ricordo di Nedo?
«Un giorno mi disse: “Vieni, ti porto in un posto”. In realtà, saliti in auto, non andammo in nessun luogo, ma mi fece viaggiare, con i suoi racconti, nei luoghi della Liberazione a lui cari come la Firenze dei primi incontri e dell’innamoramento fulmineo con nonna Rirì e la Milano simbolo della rinascita».
A quali testi sulla Shoah si sente legato?
«Penso sicuramente a Ripensare l’olocausto di Yehuda Bauer, che aiuta a non avere una lettura identitaria e rituale della Shoah, ma a riflettere sul senso della memoria; ai libri di Anna Foa sull’ebraismo italiano travolto; a Come si diventa nazisti di William Sheridan Allen; ma anche ai libri del Cdec, il centro di documentazione ebraica contemporanea».
Cosa possiamo e dobbiamo fare?
«Contribuire a portare avanti nel tempo la lezione dei testimoni della Shoah: immagazzinandola, organizzandola, affiancandola alla ricerca storica. Dobbiamo costruire una nuova cultura della memoria che non è solo rituale, ma è fatta di documenti e voci che resteranno vivi, anche quando i testimoni diretti non ci saranno più».
"Dal nonno una lezione di libertà e speranza come scelta di vita, anche nei momenti peggiori
"I testimoni della Shoah consegnano una memoria che non va dispersa, ma resa una lezione universale