Quella «ferita» storica oggi è il cuore di una città nuova
Quando Primo Levi scrisse il suo terribile e potentissimo incipit, «Voi che vivete sicuri/ nelle vostre tiepide case/ voi che trovate tornando a sera/ il cibo caldo e visi amici…», attribuì ai sopravvissuti un compito gravoso e, al tempo stesso un’autorità indiscutibile: proclamare il ricordo. E il Museo della Shoah, con il suo Binario 21, la stazione di partenza dei viaggi della morte, è esattamente questo, oggi e ormai da molti anni, il lascito pulsante di «Se questo è un uomo». È memoria consacrata eppure ancora viva, perché tramandata nelle scolaresche, nelle famiglie, tra i tanti ragazzi che vengono a visitarlo, nella pancia della Stazione Centrale di Milano. È ciò che i nazisti volevano impedirci, cancellando con i prigionieri dei carri piombati le tracce stesse del loro passaggio al mondo. Ma è anche ciò che ha reso diversa la nostra civiltà dopo la fine della Seconda guerra mondiale e il disvelamento dell’olocausto. Liliana Segre tredicenne partì con il suo papà proprio da qui, il 30 gennaio 1944. Di 605 ebrei italiani stipati sui vagoni quel giorno, tornarono in ventidue: lei era tra loro e adesso, senatrice a vita e testimone della storia, riesce a dire dei suoi odiatori (i dementi dai quali tutt’oggi le giungono online minacce e insulti) che andrebbero «protetti e curati». Sì, perché alla fine, in questi tempi nuovamente di ferro e sangue, la differenza sta tutta qui. Nella tolleranza e nella speranza che leniscono le ferite. Il Binario 21, «quel» binario, la ferita più grande d’una città allora stuprata dai nazifascisti, dalla banda Koch, dalla paura e dalle bombe, ora è il cuore pulsante della Milano nuova, della possibilità di stare insieme, di conciliarci imparando gli uni dagli altri. Come nelle Stanze della Testimonianza, parte fondamentale nel percorso del Museo. Come nella stanza 5, adottata dalla Fondazione Bpm dove si ascolteranno le parole di Levi assieme al testo delle leggi razziali, le parole della nostra infamia. Perché il passato non torni nemmeno per assonanza. «Considerate se questo è un uomo». Liliana Segre, con la sua vita spesa a divulgare l’indicibile, ha una lezione vibrante per donne e uomini oltre ogni confine, ideologia, religione. Proviamo ad ascoltarla. Se per gli ebrei l’ordine di ricordare è categorico, per chi ebreo non è l’obbligo di imparare contiene il senso ultimo della nostra stessa umanità.