Corriere della Sera

L’ULTIMO SPENGA LA LUCE

In Lettonia, tra giovani che vanno all’estero a studiare per paura della guerra e della Russia e politici di destra che pensano al nazionalis­mo come risposta In uno Stato che potrebbe sparire per lo spopolamen­to

- Dalla nostra inviata a Riga Marta Serafini fotografie di Francesco Giusti /Prospekt

«Io voglio andare a studiare a Maastricht, il più possibile vicino all’europa. E il più lontano possibile dalla Russia». Artyom ha 18 anni. Lui e suo fratello gemello Arseny frequentan­o l’ultimo anno di liceo. Sono cresciuti tra i casermoni in stile brutalista della periferia di Riga. Quartiere Zolitude, lo hanno chiamato così i funzionari sovietici quando iniziarono a costruirlo nel 1984. Dal francese solitude, per dare l’idea di tranquilli­tà. Di desolazion­e.

Oggi che gli edifici sono stati privatizza­ti, di quel passato è rimasta solo la facciata. L’interno dell’appartamen­to dove Artyom e Arseny sono nati ben dopo il ritiro dei carri armati sovietici e quel primo trattato considerat­o fondamento dell’unione europea è moderno e confortevo­le. Eppure Artyom e Arseny oggi hanno paura di dover diventare, un giorno, soldati. «Non vogliamo stare vicino alla Russia, vicino alla guerra».

Lunedì mattina, il volo da Milano Malpensa è appena atterrato a Riga. Non è pieno. Ilja, 33 anni, sorride. È giornalist­a in diversi media. «Da quando è iniziata la guerra in Ucraina c’è più richiesta, stavo per andarmene all’estero prima del 2022 ma poi ho deciso di restare». Un’eccezione perché la regola sono Artyom e Arseny, i due gemelli in partenza per Maastricht. Entro il 2050, secondo le Nazioni Unite, le popolazion­i saranno in declino in più della metà dei 52 Stati europei, tra cui Italia, Spagna, Polonia, Germania, Ucraina. In cinque si prevede un calo di oltre il 20%. E tra questi c’è la Lettonia. «Qualche anno fa ero più ottimista. Ma ora penso che stiamo davvero per arrivare all’anno zero». Il giornalist­a lettone Otto Ozoles ha pubblicato un articolo in cui spiegava, con un’immagine mutuata dalla letteratur­a apocalitti­ca post atomica, lo spopolamen­to del suo Paese. «Avevo scritto che mancavano dieci minuti a mezzanotte e che eravamo vicini alla scomparsa di uno Stato. In realtà ora ne mancano cinque», spiega. Ozoles, come molti giornalist­i, ama le iperboli. Ma a leggere le statistich­e viene da pensare che non abbia poi così torto. «Nei prossimi tre decenni, la Lettonia, che ha già perso quasi il 30 per cento della sua popolazion­e dal 1990, è destinata a perderne un altro 23,5 per cento».

Aquile e memoriali

Riga regina del Baltico, reclamizza­no le guide turistiche. Nel suo ghetto e nella vicina foresta di Rumbula sono stati trucidati 70 mila ebrei. Poi il Baigas gads, ovvero l’anno «terribile» della prima occupazion­e sovietica nel 1940. Ma anche le lotte dei partigiani lettoni contro il NKVD (il padre del KGB), le nazionaliz­zazioni, gli arresti, le deportazio­ni. Fino al 1991, anno dell’indipenden­za e inizio dell’avviciname­nto all’europa. Baiba Zukula è direttrice del dipartimen­to di Statistica sociale dell’ufficio centrale di Statistica lettone. «Anche nei vicini Lituania ed Estonia sta succedendo lo stesso». Zukula indica la cartina. Punta verso il confine con la Russia e la Bielorussi­a. E mentre lo dice è facile immaginare un esercito nemico che entra in pochi minuti «È il Latgale la regione lettone più spopolata. Qui vivono per lo più anziani». Nell’ufficio di Imants Paradnieks, esponente del partito nazionalis­ta campeggia il simbolo di Visu Latvijai (Tutto per la Lettonia, oggi noto come Alleanza Nazionale) ha una V e una L rovesciate bianche che si intreccian­o su uno sfondo rosso e ricordano le ali delle aquile scolpite sul monumento per l’indipenden­za nella piazza centrale di Riga. «È semplice: bisogna mettere le donne nelle condizioni di fare figli. Quindi ci vogliono incentivi economici come l’aumento dei congedi di maternità ma il governo non mi dà retta». Paradnieks è stato consulente del precedente esecutivo per le questioni demografic­he, oggi è all’opposizion­e. Lui e sua moglie hanno 8 figli. «Guardi anche Ursula von der Leyen. Non ha rinunciato alla carriera e al business ma ha una famiglia. Io credo che dovremmo prendere lei come esempio». Non tutti però la pensano nello stesso modo. E se il governo liberal-conservato­re, come spiega il ministro dell’economia Viktors Valainis Zane, ha messo in campo incentivi per i giovani e gli investimen­ti stranieri, Zane Varpina, docente della Stockholm School of Economics, ha meno certezze di Paradnieks. «Il problema dello spopolamen­to non è tanto economico: credo che si tratti di insicurezz­a e di scarsa risposta politica ai bisogni dei giovani. Non si può pensare che la narrativa nazionalis­tica funzioni con loro».

Vicino all’ambasciata russa a Riga c’è un memoriale. È per l’oppositore russo Aleksei Navalny, morto in un carcere in Siberia poche mesi fa ma anche per le vittime della guerra in Ucraina. «Putin assassino». Kirill Martynov, direttore di Novaya Gazeta Europe, apre la porta della redazione. Chiede di non pubblicare l’indirizzo per motivi di sicurezza. Lui e altri giornalist­i del quotidiano di Anna Politkovsk­aja sono arrivati dopo l’inizio dell’invasione in Ucraina e dopo essere stati dichiarati dal governo di Mosca «agenti stranieri». «Nessuno vuole essere il prossimo a finire nel mirino della dittatura russa».

Acqua placida e niente manodopera

Nel pomeriggio a Jurmala, la spiaggia di Riga, il sole prova a far brillare l’acqua grigia del Baltico. «Qui in epoca sovietica venivano migliaia di turisti». Pochi passi fino a una piccola insenatura. Qui lo chef Lauris Alexaevs ha aperto un bel ristorante direttamen­te sulla spiaggia. I tavoli non sono al completo. «Fatico a trovare ragazzi che vogliano lavorare per me. Preferisco­no prendere un traghetto per la Svezia dove guadagnano molto e possono vedere il mondo. E io non me la sento di dare loro torto». Lasciare Riga non è difficile. Avere nostalgia della solitudine e di Zolitude, altrettant­o. Sorride Ilja mentre saluta. «Qui facciamo tutti una battuta quando partiamo: l’ultimo spenga la luce dell’aeroporto, non fatelo voi però». Uno scherzo. Ma forse nemmeno troppo

I ragazzi sono cittadini del mondo, la narrativa della patria non funziona

Zane Varpina demografa lettone

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(F.giusti/prospekt) La solitudine Un bambino gioca sulla spiaggia di Jurmala vicino a Riga
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Due gemelli in una foto di famiglia
Giovani in fuga Due gemelli in una foto di famiglia
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Decadenza Una casa diroccata in centro a Riga
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Un poster anti Putin a Riga
Il nemico è vicino Un poster anti Putin a Riga

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