Perché ascoltare fa molto bene
«Derubricare un altro popolo come arretrato, marginale, invisibile, significa non riconoscere la dignità della sua identità. Ma scegliere di non vedere gli altri, fino a quando non diventano un nostro problema, può spingere questi ‘altri’ a diventare un problema al solo scopo di farsi notare da noi».
Ho trovato questa frase nel libro di Gabriele Segre La cultura della convivenza (lo presenterò a Torino il 4 giugno). Spiega diverse cose: la rabbia di alcune minoranze; la frustrazione di certi gruppi; le incomprensioni nelle famiglie, sul lavoro, a scuola, in politica. È strano che non ce ne rendiamo conto. Ignoriamo ciò che è sotto i nostri occhi. Non sono soltanto le offese e il disprezzo a provocare reazioni negative, ma anche l’indifferenza. «Everybody needs just a littile respect», tutti hanno bisogno di un po’ di rispetto, cantava Cat Stevens cinquant’anni fa (Foreigner Suite).
Avete notato come il tono tranquillo della voce, e un volto sorridente, riescano spesso a disinnescare un atteggiamento aggressivo? È la dote dei migliori poliziotti, il talento dei militari italiani delle forze di pace, il genio dei bravi insegnanti. Dovremmo imitarli. Non è una tattica, né una forma di astuzia. Mostrarsi comprensivi è una prova di umanità e buon senso.
Le nostre difficoltà a capire e gestire gli adolescenti derivano anche da qui. L’età è difficile: biologicamente, psicologicamente, socialmente. Non tutto, con un figlio quattordicenne, si risolve con un sorriso e un po’ di pazienza. Ma sorridere, osservare e ascoltare produce risultati. Quando mi trovo in una sala piena di ragazzi, giustamente preoccupati davanti a un signore con i capelli bianchi e un microfono, rivolgo loro qualche domanda. Magari, semplicemente, «Cosa vi mette ansia?». Ogni volta rimango sbalordito: dalla disponibilità, dalla prontezza, dalla franchezza.
Nel film «Parthenope» di Paolo Sorrentino, presentato martedì a Cannes, il professor Marotta (Silvio Orlando), malinconico antropologo alla vigilia della pensione, spiega che la cosa più difficile è imparare a vedere. È così. Nel mondo molti guardano, ma pochi vedono. E pochissimi ascoltano. Chi si ricorda di farlo, però, viene premiato.