«Mi arruolai per studiare gratis e oggi comando la Marina Usa Ho scoperto il cibo italiano quando ero alla base di Gaeta»
L’ammiraglia Lisa Franchetti: ho visitato 143 Paesi, difendo la libertà nel mondo
«Qual è stata la prima ragione che mi attirato ad arruolarmi in marina? L’università gratis! E poi: l’opportunità di girare il mondo. Era il 1981, volevo diventare una giornalista, specializzarmi sul Medio Oriente. Poi al campus della Northwestern University incontrai degli ufficiali della US Navy che facevano reclutamento. Mi raccontarono tutti i Paesi che avevano visitato, mi dissero della possibilità di pagarmi gli studi. Quarantatrè anni dopo sono rimasta nella Navy. Ancora mi appassiono per tutte le sfide. Amo i viaggi. E faccio la mia parte per difendere la libertà nel mondo».
Un posto nella storia
La «sua parte» non è marginale. A sessant’anni appena compiuti, l’italo-americana Lisa Franchetti ha conquistato un posto nella storia. Sei mesi fa Joe Biden l’ha nominata come la prima donna a capo della più potente marina militare del Pianeta. La incontro a un summit dei capi delle forze armate Usa, organizzato a Washington dal think tank geopolitico Council on Foreign Relations di cui sono membro. L’ammiraglia Franchetti, la Chief of Naval Operations, ha sotto il suo comando flotte che in questo momento combattono gli Houthi nel Mar Rosso e gli Hezbollah lungo la costa mediterranea del Libano; garantiscono la sicurezza di alleati come Giappone e Corea del Sud nell’indo-pacifico; tengono a bada (per ora) l’espansionismo citizione nese a Taiwan e nelle Filippine; vigilano nel Mar Baltico e perlustrano l’artico in concorrenza coi sottomarini russi. Più tante altre missioni, comprese quelle umanitarie: tra queste il nuovo piano di aiuti via mare per la popolazione di Gaza.
«Frustrata in ufficio»
L’ammiraglia è nata a Rochester, città di antica vocazione industriale (fu la capitale della Kodak, da cui è germinato un distretto ottico hi-tech) nella parte settentrionale dello Stato di New York. L’impronta italiana e una certa etica del lavoro le viene dal padre Larry Franchetti: «Aveva studiato ingegneria ma finì per fare il manager, da bambina mi portava con sé a girare per i reparti della fabbrica, parlava con gli operai, chiedeva notizie delle loro famiglie, si preoccupava della sicurezza sul lavoro, della salute». Altri italo-americani, gli ufficiali Satriano e Salvatore, li ricorda perché «mi insegnarono come si dirigono i marinai, come si organizza la vigilanza a bordo di una nave… e mi fecero scoprire la qualità del cibo italiano vicino alla base di Gaeta».
Lisa era in anticipo sui tempi: quando entrò in marina nel 1985 c’erano solo 17 donne ufficiali in incarichi operativi in missioni navali. Lei non era una di quelle, all’inizio. La misero a lavorare in uffici amministrativi: gestione delle risorse umane, addestramento. «Era frustrante, volevo essere in mare e girare il mondo». Trovò ufficiali capaci di intuire il suo talento. Si arruolò nel corso per diventare Surface Warfare Officer, cioè una vera combattente: «Il successo non era scontato per una che arrivava con la laurea in giornalismo, ma io avevo deciso che quella era la mia strada: servire il mio Paese, la nostra sicurezza, la democrazia».
Guerra fredda
«Nella mia carriera ho già vissuto almeno tre epoche diverse. Il mio incarico di esordio era nella Guerra fredda, in una unità di sottomarini che davano la caccia ai sommergibili sovietici: ero sott’acqua quando ci raggiunse il comunicato sulla caduta del Muro di Berlino. Dopo l’11 settembre 2001 la US Navy era al servizio della guerra contro il terrorismo. Ora siamo in compestrategica con Russia e Cina».
Carica di medaglie guadagnate nelle sue missioni di comando, dai soccorsi in calamità naturali ai teatri di guerra, l’ammiraglia condensa le caratteristiche di un militare contemporaneo: è al tempo stesso una top manager di manodopera, una studiosa di strategie navali, e un’esperta di tecnologie avanzate. È anche un’ottima oratrice, al Council on Foreign Relations calamita l’attenzione. «Ormai dobbiamo integrare quotidianamente nella nostra attività i droni e altre unità senza pilota a bordo, capaci di fare la spola dalla base navale di San Diego fino all’isola di Guam nel Pacifico: andata e ritorno». L’arma che lei dirige ha un posto centrale nel dispositivo di sicurezza degli Stati Uniti. «Perché noi siamo una nazione marittima, in tanti modi visibili e invisibili. Un dato sorprendente è questo: undicimila miliardi di dollari di transazioni viaggiano annualmente attraverso cavi sottomarini. Proteggere queste infrastrutture vitali fa parte del nostro lavoro».
La numero uno della US Navy cita anche «l’italia, con la Francia e il Regno Unito, tra quelle nazioni alleate che hanno deciso di effettuare insieme a noi missioni nell’indo-pacifico, perché è chiara l’importanza strategica di quel teatro». Ha una visione geopolitica precisa sulla posta in gioco nei conflitti in corso: «Nel Mediterraneo la presenza delle nostre flotte finora ha impedito un ulteriore allargamento della guerra. Nel Mar Rosso con l’operazione Guardiano della Prosperità stiamo difendendo un ordine globale basato sul rispetto delle regole, quindi il benessere economico di tutti».
La figlia liceale
Ci vuole una donna soldato che viene dal mondo dell’immigrazione italiana, per parlare un linguaggio del patriottismo non proprio di moda tra i ragazzi. «Sono la mamma di una ragazza che fa il liceo. Il mio messaggio alla sua generazione è: arruolatevi! Dedico molto tempo, insieme a tutta la mia squadra, all’attività di reclutamento in questi tempi non facili. Bisogna saper spiegare ai giovani l’importanza di servire in divisa la propria nazione, difendere la nostra democrazia, i nostri diritti, il nostro modello di vita». Come madre sa che deve superare una barriera invisibile, fatta di pregiudizi pacifisti, o indifferenza e ignoranza. I coetanei di sua figlia danno per scontato
Sotto i mari «Seppi che era caduto il Muro di Berlino mentre davo la caccia a sommergibili sovietici»
un benessere e un progresso che non sono gratis: senza libertà di navigazione e sicurezza dei mari, quale sarebbe il nostro tenore di vita?
Nel parlare alle Generazioni Z eX non disdegnale attrattive più tradizionali .« Oltre all’onore e alla dignità bisogna farle va sulle opportunità. LaUSNavy offre 150 mansioni professionali diverse, dai tecnici della robotica agli ingegneri nucleari ai medici. In più diamo la palestra, l’assistenza sanitaria, la possibilità di scoprire il mondo. Io ho visitato 143 Paesi! Per essere all’altezza delle sfide che il mondo contemporaneo ci impone, non mi preme solo il reclutamento diretto nelle forze armate. Abbiamo bisogno di più giovani nell’industria della difesa, nel settore hi-tech, in tutto ciò che riguarda scienze e matematica».
Essere donna al comando della più grande forza navale del Pianeta, che vantaggi ha? «Spirito di squadra, onestà, atteggiamento positivo, un’idea di leadership come capacità di costruire la collaborazione. Quando ero al college ero nella squadra di canottaggio. Ero troppo piccola per remare. Facevo il capovoga».