Nepal, morti tre noti alpinisti
Piazza, Benedetti e Pojer vittime del terremoto. Ore d’angoscia per due giovani
Ore di angoscia in regione dopo il terremoto in Nepal. Tra le vittime sci sono sicuramente tre trentini: Renzo Benedetti, 60 anni, di Segonzano, e l’amico Marco Pojer, 53 anni.Vittima anche Oskar Piazza, 55, colonna del soccorso alpino.
TRENTO «Renzo viveva la montagna in modo totale, non era solo un superuomo e grandissimo alpinista che aveva scalato gli ottomila, ma si fermava tra la gente, li aiutava, per lui andare in montagna era anche un’occasione di fare solidarietà, soprattutto in Nepal, una terra che amava molto». Ha la voce rotta dalla commozione lo storico presidente della Sat del Trentino, Franco Giacomoni, quando ricorda l’amico e grande alpinista, Renzo Benedetti. Sessant’anni, compiuti il 15 marzo scorso, di Segonzano, dove viveva con la moglie Sandra e il figlio Marco, di 22 anni, era socio della Sat della sezione di Cavalese da trentadue anni. Negli anni tra il 2011 e il 2013 era stato anche socio del Caai (Club alpino accademico). Renzo era anche direttore della scuola di scialpinismo “Franco Dezulian”, costola della sezione della Sat. «Quando tornava dai suoi viaggi ci raccontava — ricorda ancora Giacomoni — era un grande alpinista himalayano, è un colpo duro. Per onorare lui, Marco e Oskar dobbiamo pensare a fare qualcosa per il Nepal, per quella terra che loro hanno amato molto». Sono costernati alla Sat di Cavalese, ancora increduli: «Siamo tutti increduli».
Renzo Benedetti era uno dei più esperti e grandi alpinisti d’Italia e aveva già conquistato, più volte, gli 8.000. Al suo attivo aveva una notevole attività sulle Alpi, ma era sugli 8.000 che Renzo aveva saputo esprimere il meglio del suo fortissimo fisico e della sua grande preparazione atletica. Aveva scalato ben otto vette al di sopra degli 8.000 euro, da Manaslu, al Makalu, Dhaulagiri, Cho Oyo Gasherbrum II, Everest, il K2 e lo Shisha Pangma che aveva scalato senza l’ausilio dell’ossigeno. «Un grandissimo scalatore, ma soprattutto un grande uomo». Così lo ricordano tutti nell’ambiente dell’alpinismo e anche a Segonzano dove Benedetti era solito organizzare delle serate per far capire l’amore per la montagna a tutti, anche ai giovani. Renzo amava il Nepal, un amore per l’alta quota, ma anche per la gente che era sempre pronto aiutare. Ed è morto proprio per aiutare una signora. Era tornato indietro per portare delle medicine, ma una frana l’ha travolto e ucciso. «Era la sua natura» ricorda commosso il sindaco Giorgio Mattevi, mostrando i cartelloni delle scalate di Benedetti. «Era un grandissimo uomo , sapeva comunicare l’amore per l’alta quota anche ai più giovani». Fuori dalla sua casa, nella frazione Scancio, ieri c’era un grande silenzio. I fratelli Massimo e Norberto hanno poca voglia di parlare. I loro volti sono segnati. Renzo abita in una bifamiliare, nella casa sopra c’è il fratello Norberto, sotto c’è casa sua. Nel cortile c’è l’auto, con l’adesivo dell’alpinista. Il figlio Marco è sotto choc, gli occhi cerchiati, scuote la testa. «Non posso, non ce la faccio, scusate» sussurra. Il dolore è palpabile lungo le vie di Segonzano, tutti conoscono Renzo e tutti parlano di lui. Faceva l’arredatore anche se la sua vita è sempre stata la montagna. Ma di lui tutti ricordano soprattutto l’umiltà: «Raggiungere la vetta — diceva — è sempre, al pari delle altre vette sopra gli 8.000 metri, una salita di tutto rispetto».
Il sindaco Sapeva trasmettere l’amore per l’alta quota anche ai giovani
Giacomoni Lui non scalava solo, ma si fermava tra la gente per aiutarli