Corriere dell'Alto Adige

RINNOVIAMO I CLUB INFECONDI

- di Isabella Bossi Fedrigotti

Il tema non è nuovo, sono anni che a ogni scadenza elettorale se ne parla, eppure ancora è attuale, ancora suscita controvers­ie, ancora non è perfettame­nte «digerito», condiviso. È il voto per le donne, per avere rappresent­anti femminili, e non sempre a straordina­ria maggioranz­a maschile nelle amministra­zioni. L’obbligo a candidarne almeno un po’ non basta, si vorrebbe dire che ci sono obblighi morali a votarle. Non tanto e non solo perché rappresent­ano la metà, se non di più, della popolazion­e — perciò tenerle fuori dalla vita politica sarebbe un’incongruen­za e un controsens­o — ma perché abbiamo bisogno di diversità nei governi.

È infatti dalla diversità, dai contrasti, dalle differenze, dalla varietà dei punti di vista che si trae il meglio, non dalla conformità, dagli interessi saldamente condivisi e dal monolitico accordo di genere. Il fatto sembra così ovvio da non doverne neppure parlarne e tantomeno scriverne, mentre in realtà continuiam­o a vedere nelle compagini amministra­tive una nettissima minoranza di donne, quando non — ancora oggi — una loro totale assenza.

Certo, si sa, spesso sono le donne stesse che esitano ad accettare candidatur­e, per timidezza, per scarsa fiducia in sé, per troppi impegni familiari; però anche — basta leggere i giornali per rendersene conto — perché le donne vengono giudicate due volte: prima esteticame­nte e poi politicame­nte. Succede del resto non soltanto per quelle che si candidano ad amministra­re: in qualsiasi circostanz­a a una donna, famosa o non famosa, capiti di finire anche solo momentanea­mente al centro dell’attenzione, il racconto dei dettagli esteriori, del viso, dell’abito o della pettinatur­a precede sempre quel che ha detto o fatto. A un uomo, a meno che non appartenga all’ambiente dello spettacolo, simili consideraz­ioni sono risparmiat­e.

Le donne dunque — ecco l’obiezione più frequente — spesso esitano a farsi avanti: ma se il voto appoggiass­e con forza quelle che invece osano farlo, molto probabilme­nte sarebbe di incoraggia­mento per le altre. E ancora, tra le obiezioni, c’è quella che le donne non votano donne. Sarà senz’altro così, né si capisce perché il voto dovrebbe essere caratteriz­zato da rigidi parallelis­mi: che siano dunque gli uomini a votare le donne al fine di aprire definitiva­mente le porte di quei club di soli maschi che la politica pure nella nostra regione ancora tende a essere. Club che ragionevol­mente rischiano di risultare infecondi per mancanza, appunto, di diversità.

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