RINNOVIAMO I CLUB INFECONDI
Il tema non è nuovo, sono anni che a ogni scadenza elettorale se ne parla, eppure ancora è attuale, ancora suscita controversie, ancora non è perfettamente «digerito», condiviso. È il voto per le donne, per avere rappresentanti femminili, e non sempre a straordinaria maggioranza maschile nelle amministrazioni. L’obbligo a candidarne almeno un po’ non basta, si vorrebbe dire che ci sono obblighi morali a votarle. Non tanto e non solo perché rappresentano la metà, se non di più, della popolazione — perciò tenerle fuori dalla vita politica sarebbe un’incongruenza e un controsenso — ma perché abbiamo bisogno di diversità nei governi.
È infatti dalla diversità, dai contrasti, dalle differenze, dalla varietà dei punti di vista che si trae il meglio, non dalla conformità, dagli interessi saldamente condivisi e dal monolitico accordo di genere. Il fatto sembra così ovvio da non doverne neppure parlarne e tantomeno scriverne, mentre in realtà continuiamo a vedere nelle compagini amministrative una nettissima minoranza di donne, quando non — ancora oggi — una loro totale assenza.
Certo, si sa, spesso sono le donne stesse che esitano ad accettare candidature, per timidezza, per scarsa fiducia in sé, per troppi impegni familiari; però anche — basta leggere i giornali per rendersene conto — perché le donne vengono giudicate due volte: prima esteticamente e poi politicamente. Succede del resto non soltanto per quelle che si candidano ad amministrare: in qualsiasi circostanza a una donna, famosa o non famosa, capiti di finire anche solo momentaneamente al centro dell’attenzione, il racconto dei dettagli esteriori, del viso, dell’abito o della pettinatura precede sempre quel che ha detto o fatto. A un uomo, a meno che non appartenga all’ambiente dello spettacolo, simili considerazioni sono risparmiate.
Le donne dunque — ecco l’obiezione più frequente — spesso esitano a farsi avanti: ma se il voto appoggiasse con forza quelle che invece osano farlo, molto probabilmente sarebbe di incoraggiamento per le altre. E ancora, tra le obiezioni, c’è quella che le donne non votano donne. Sarà senz’altro così, né si capisce perché il voto dovrebbe essere caratterizzato da rigidi parallelismi: che siano dunque gli uomini a votare le donne al fine di aprire definitivamente le porte di quei club di soli maschi che la politica pure nella nostra regione ancora tende a essere. Club che ragionevolmente rischiano di risultare infecondi per mancanza, appunto, di diversità.