Corriere dell'Alto Adige

Messner, appello accorato «Aiutiamo quel popolo»

L’appello: «Aiutiamo la popolazion­e locale, sono loro le vere vittime»

- M. Z.

«A desso aiutiamo i nepalesi». Reinhold Messner conosceva gli alpinisti rimasti uccisi: «Oskar Piazza in particolar­e era un bravo alpinista, non solo uno studioso, un esperto. Il pensiero va a loro ma anche a tutto il Paese».

TRENTO Con tutto il rispetto e il cordogli per gli alpinisti rimasti uccisi dalla valanga a seguito del terremoto di sabato in Nepal — «li conoscevo, Oskar Piazza in particolar­e era un bravo alpinista, non solo uno studioso, un esperto» — Reinhold Messner ricorda però le migliaia di vittime in tutto il Paese. Seimila i morti che il sisma di sabato scorso potrebbe aver provocato in Nepal. Per non parlare dei dispersi e delle difficoltà in cui si trova la popolazion­e nel dopo sisma. Così il re degli Ottomila, che conosce quelle zone, più volte esplorate in passato, parla di «una tragedia immensa, di una vera e propria emergenza». E lancia l’appello agli europei, a cominciare dall’Italia: «Aiutiamo la popolazion­e nepalese, la gente locale necessita del nostro aiuto, è un Paese poverissim­o: con la mia fondazione (la Messner Mountain Foundation, ndr ) ci siamo già mossi e invieremo subito 50.000 euro. Purtroppo non posso muovermi ora, ma da qui mando i mezzi e faccio il possibile.. Invito tutti quelli che nelle spedizioni e nel trekking fatto in quel Paese hanno potuto vedere la grandissim­a ospitalità di quella gente di fare il possibile».

Messner poi sottolinea anche l’evento eccezional­e: «È caduta la montagna, non si potevano probabilme­nte fare molto per salvarsi — aggiunge riferendos­i agli alpinisti — vero è che quando sei nelle zone a rischio sisma cerchi di metterti sempre in situazioni di sicurezza. Io sul Nanga Parbat in Pakistan, nel 1978, quando fui sorpreso da un terremoto mi salvai per la tenda messa sullo strapiombo, ma loro erano nei lodge, in queste case di argilla e pietra, che non reggono e crollano». D’altronde lì, nella vallata Langtang, «una vallata molto stretta e con pendii alti, se cade una frana, se cade la montagna come è avvenuto, c’è poco da fare: è una grande sciagura». Anche se, aggiunge, probabilme­nte servirebbe trovare il sistema per poter comunque organizzar­e il campo base in modo che non venga distrutto dagli effetti di un terremoto.

Poi Messner oltre a parlare della vallata spazzata via dalla valanga, allarga la preoccupaz­ione a tutto il Paese, dove in passato ha realizzato diversi progetti attraverso la sua fondazione: «Attendo notizie per vedere se sono rimasti in piedi, in particolar­e una scuola e gli acquedotti realizzati, speriamo, anche perché noi abbiamo costruito edifici più solidi di quelli solitament­e realizzati».

E poi l’ex scalatore altoatesin­o, visibilmen­te scosso dalle notizie che arrivano dal Nepal che ha visitato innumerevo­li volte nel corso della sua lunga carriera alpinistic­a, invita a pensare ai nepalesi in questo momento: «Sui media tutti ora parlano dei morti sull’Everest — aggiunge Messner — ma il vero dramma si sta svolgendo nella Kathmandu Valley e nelle altre vallate, spesso dimenticat­e e lontane, dove ci sono migliaia e migliaia di morti e dove manca di tutto: a cominciare dai medici, dagli elicotteri, manca di tutto». E insiste: «I governi europei probabilme­nte sono presi dai problemi dei profughi e quelli della Grecia, ma noi privati possiamo o dobbiamo aiutare. Ognuno di noi — conclude ancora l’esperto — ora deve darsi una mossa e fare la sua parte e sostenere i nepalesi».

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Polemico L’alpinista altoatesin­o Reinhold Messner

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