Corriere dell'Alto Adige

Il dolore di Luisa Zappini «Dovevo essere con lui Confido nell’impossibil­e»

- Marzia Zamattio

TRENTO «Abbiamo perso». Con questa amara frase di sconforto, espressa dal presidente del Soccorso alpino trentino, Adriano Alimonta, si spegne nel primo pomeriggio di ieri ogni speranza di trovare ancora in vita Oskar Piazza, 55 anni, il noto alpinista del Soccorso alpino, impegnato dal 13 aprile scorso in una spedizione sull’Himalaya, nell’apertura di una gola inesplorat­a. Guida di altri tre speleologi, Piazza è rimasto travolto dalla valanga che ha distrutto il Langtang Village, villaggio a 7.246 metri di quota alle pendici dell’Himalaya, in Nepal. Sabato, al momento del terremoto, i quattro i membri della spedizione erano fermi a causa del maltempo: Oskar Piazza e Gigliola Mancinelli sono stati travolti dalle macerie nel loro lodge. Salvi invece gli altri due, il ligure Giovanni Pizzorni e Giuseppe Antonini, di Ancona: probabilme­nte non si trovavano insieme agli altri due compagni. È stato proprio Antonini a chiamare la compagna di vita e di spedizioni di Piazza, Luisa Zappini, esperta alpinista anche lei e responsabi­le della centrale emergenze della Protezione civile trentina.

In mattinata, quando ancora c’era qualche speranza di trovare Oskar vivo, Luisa era pronta nell’organizzaz­ione di una spedizione in Nepal con le forze del Soccorso alpino. «Conosco bene quelle zone, ci sono stata otto volte, vado a prenderlo», diceva con la speranza nel cuore. Poi, con il susseguirs­i delle notizie sui dispersi trentini e italiani, sul bilancio sempre più tragico del terremoto che in serata arrivava a 4.000 vittime, è giunta anche quella della morte di Oskar, morto sotto le macerie del lodge dove soggiornav­a ai piedi della montagna. Quindi la disperazio­ne: «Non ci sono parole..», dice. «Anche se spero torni ancora». Che sia vivo? «Sì, certo, spero che si siano sbagliati..».

Colonna del Soccorso alpino di Trento, di cui è stato presidente dal 2000 al 2001, Oskar Piazza, nato a Mori 55 anni fa, era membro della Scuola nazionale tecnici e vicedirett­ore della Scuola nazionale forre. Oltre che la compagna, lascia la mamma, una sorella, Manuela, anche lei guida alpina e due fratelli. In Nepal era andato proprio a guidare una spedizione per completare il suo progetto, nato tre anni fa, per aprire nuove forre: sarebbe stata la dodicesima e ultima spedizione. «È una tragedia immane, un duro colpo per il Soccorso alpino, ma anche per tutti gli altri alpinisti — ci tiene a precisare Adriano Alimonta — Oskar è un pezzo della storia del Soccorso alpino, noto in tutta Italia e all’estero, ma siamo pronti a intervenir­e per tutti quelli che sono ancora là che hanno bisogno: ci daremo da fare per aiutarli». E di Oskar, amico, oltre che collega, ricorda: «Aveva una grande passione per le grandi montagne, come l’Himalaya, dove andava a ricaricare le batterie: lui sognava di stare là, amava quelle popolazion­i». «Oltre che collega era un amico — dice di lui Ezio Parisi, vice direttore del Soccorso alpino — potrei raccontare mille aneddoti, ma quello che mi viene da dire è che la sua grande preoccupaz­ione era la sicurezza, che non ci facessimo male durante le operazioni: per lui era un mantra».

Alimonta Era la colonna del Soccorso alpino, una grande perdita

Parisi Eravamo amici da 30 anni: per lui la sicurezza era un mantra

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